“La verità è mite, la verità è silenziosa”, “con le persone che cercano soltanto lo scandalo, che cercano soltanto la divisione”, l’unica strada da percorrere è quella del “silenzio” e della “preghiera”. Papa Francesco risponde così alle nuove accuse dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò in relazione all’incontro del 2015 negli Usa tra il Pontefice e Kim Davis, l’impiegata del Kentucky che divenne un’icona di certi ambienti conservatori per essersi rifiutata di rilasciare licenze matrimoniali a coppie dello stesso sesso.
Riprendendo la celebrazione della Messa nella cappella della Casa Santa Marta, riportata da Vatican News, Bergoglio parte dal vangelo di Luca, in cui Gesù, tornato a Nazareth, viene accolto con sospetto. La Parola del Signore cristallizzata in questa narrazione permette, dunque, di “riflettere sul modo di agire nella vita quotidiana, quando ci sono dei malintesi” e di comprendere “come il padre della menzogna, l’accusatore, il diavolo, agisce per distruggere l’unità di una famiglia, di un popolo”. “Il Signore ci dia la grazia di discernere quando dobbiamo parlare e quando dobbiamo tacere – afferma Bergoglio -. E questo in tutta la vita: nel lavoro, a casa, nella società”.
Intanto, in una nota diffusa il 2 settembre, padre Thomas Rosica e l’ex direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, contestano le parole di Viganò, a proposito dell’incontro con Davis. Secondo Viganò, Papa Francesco sapeva bene chi era Davis e le gerarchie vaticane avevano approvato il faccia a faccia con anticipo. Fu convocato con urgenza a Roma, il 9 ottobre, dopo che le notizie sull’incontro tra il Papa e l’attivista anti-gay erano ormai trapelate e avevano fatto scandalo. Padre Lombardi sostiene che Viganò, che si è occupato di organizzare il colloquio, avrebbe dovuto sapere che avrebbe sollevato polemiche, e che i funzionari vaticani lo avevano approvato solo perché non sufficientemente informati sulla persona di Davis. Inoltre, Viganò afferma che il Papa ha riabilitato McCarrick dalle sanzioni imposte da Papa Benedetto XVI, nonostante lui lo avesse informato della cattiva condotta. Lombardi e Rosica sostengono che non ci sono prove che quelle sanzioni furono mai applicate.