In continua evoluzione, con un fermento creativo raro per la sua generazione: Achille Lauro (all’anagrafe Lauro De Marinis) non ha alcuna intenzione di essere etichettato in un preciso genere musicale e continua a definirsi “un outsider”. “Non mi piace – spiega – essere inquadrato e fare le stesse cose. Sto sperimentando. Nessun pittore, in fondo, dipinge il medesimo quadro per tutta la vita”. Ecco così che, dopo la trap e la samba trap, approda al rock con il nuovo album ‘1969’. Che la direzione fosse questa si era già capito con ‘Rolls Royce’ al Festival di Sanremo, dove ha spiazzato e catalizzato l’attenzione, polemiche comprese. Polemiche, però, che non l’hanno scalfito. Anzi, il giorno stesso del rientro dalla città dei fiori si è chiuso in studio per concludere il disco. “I primi giorni – commenta a freddo le accuse di aver parlato di droga nel brano – non ho dato peso alla cosa. Ma è stato brutto veder continuare a oltranza su una cosa non vera. Quando voglio essere eplicito, lo sono. Ma la gogna mediatica distoglieva l’attenzione dalla musica. Si discuteva con superficialità del problema della droga quando invece è reale e grave”.
Archiviate le polemiche e con il supporto di critica e fan, Lauro si è buttato sul lavoro e ne è venuto fuori un album con evidenti influenze anni ’60-’70, perchè “è stata l’epoca più importante a livello creativo, c’era voglia di libertà”, ma mantenendo alcuni pezzi nel suo vecchio stile, per lasciare una “confort zone” ai fan di vecchia data. Il tutto per creare un album “generazionale”, perchè l’intenzione dell’ex trapper è evidente: “Voglio parlare a tutti, voglio rimanere, abbracciare tante generazioni un po’ come è riuscito a fare Vasco”.
Lui, intanto, completo bianco e camicia scollata, scarpe argento glitterate, si definisce non tanto un sognatore ma “un operaio” del suo successo, che ha costruito “ora per ora, senza dormire per 7 anni”. Anche per questo, forse, è arrivato il momento della responsabilità. Soprattutto verso chi lo circonda, perché “se sbaglio io cascano in tanti, compresa la mia famiglia. Devo portare a casa il risultato”. E la responsabilità nei confronti di chi lo ascolta? “Certo, gli artisti ce l’hanno, ma non possono essere usati come capro espiatorio, altrimenti è censura. L’artista non è un educatore, quello va fatto in un’altra sede. Ovvio, non devo incitare la gente a buttarsi in un burrone ma se Sfera Ebbasta dice ‘mi faccio una canna’, quella è libertà. Non credo che chi ascoltava i Beatles si facesse di Lsd. È vero che oggi, con i social, ci sono più responsabilità visto che una volta sui personaggi c’erano solo leggende. Ora è tutto più vicino, bisogna usare l’intelligenza”.
Nel turbinio dell’uscita del disco, del libro ‘Amleto sono io’ e del making of di un documentario, ora Achille dovrà trovare il tempo anche per un instore tour e poi per i concerti che partiranno ad ottobre, dopo alcune date estive. Le date di maggio sono state posticipate e i più attenti si sono chiesti se ci sia lo zampino di ‘X Factor’, visto che proprio in quei giorni dovrebbero esserci i casting mentre ad ottobre i live non sarebbero ancora iniziati. Lauro accenna un mezzo sorriso, quando glielo si chiede: “Speriamo, sarebbe bello. Ne parlano gli altri, io ancora non so niente”. Una cosa, però, la sa: “Per la prima volta mi sento al posto giusto, nel momento giusto”.