La quota vincente
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Arriva al pettine il nodo Tav

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Di Dario Borriello

Il treno della crisi di governo corre sui binari dell’alta velocità. Almeno per Matteo Salvini, che lancia l’ennesimo guanto di sfida agli alleati: “Se ci fosse un no alle mozioni sulla Tav sarebbe un grosso problema”. Il segretario leghista sa benissimo che i numeri in Senato per superare anche l’ultimo ostacolo al completamento dei lavori per la Torino-Lione ci sono, e in abbondanza tra Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Pd, più qualche altro parlamentare del gruppo Misto. Quella di mercoledì 7 agosto sarà (politicamente) una vittoria schiacciante dei sì sui no, che avranno rappresentanza solo negli ex Sel e, appunto, nel Movimento 5 Stelle, ricompattati dall’avversione per un’opera che non hanno mai smesso di considerare “obsoleta e inutile” sia per lo sviluppo economico dell’Italia, sia per la cura dell’ambiente. Il ministro dell’Interno, però, non sente ragioni e ribadisce: “Gli italiani e i piemontesi hanno detto che vogliono più treni, viaggiare in modo più sicuro e veloce, spendendo meno. Chi va in Parlamento votando il contrario lo fa contro il governo”. Salvini prova a tirare nella partita anche Giuseppe Conte, perché a suo modo di vedere il ‘niet’ che i pentastellati assegneranno alle mozioni pro-Tav “sarebbe una sfiducia al presidente del Consiglio, il quale ha riconosciuto che costa di meno finirla che non farla”. Rincarando ancora la dose, con una terminologia tipica da campagna elettorale: “Sarebbe uno schiaffo agli italiani che vogliono treni, porti e aeroporti”. Il vicepremier rigira il coltello nella piaga degli alleati, pur sapendo che ogni dichiarazione è un colpo di scalpello all’unità 5 stelle: “Votare in Parlamento contro un’opera importante per l’Italia come l’Alta velocità che ci collega all’Europa, non è un atto di sfiducia a Salvini e nemmeno alla Lega, ma al Paese”. Questo giro di vite insospettisce i vertici del Movimento, sempre più convinti che l’obiettivo non sia solo indebolire la forza di maggioranza relativa in Parlamento, con i suoi oltre 300 parlamentari, ma mettere Luigi Di Maio e i suoi spalle al muro. Nei palazzi della politica romana, infatti, circolano sempre più spesso i sondaggi sul gradimento per l’opera e i numeri strizzano l’occhio a chi la pensa come il ministro dell’Interno. Ecco perché i colonnelli pentastellati sono all’opera per spegnere ogni focolaio: “Il governo non cadrà, Salvini minacci chi vuole”, dice Danilo Toninelli. Spiegando che “la mozione impegna il Parlamento in quanto organo che ha approvato l’accordo, non l’esecutivo. Quindi non ci saranno problemi sulla tenuta”. Mentre Gianluigi Paragone è più duro: “Tav capolinea del governo? Forse. Ma soprattutto è il capolinea del buonsenso”. Intanto, il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, ha convocato per venerdì prossimo, al Comune di Chiomonte, una giunta monotematica sullo stato dell’arte dei lavori della Torino-Lione e delle opere di compensazione. Mentre dalle opposizioni ‘pregustano’ i voti sulle mozioni, aspettando che la spaccatura Lega-M5S diventi palese anche a livello parlamentare: “La maggioranza è al capolinea”.

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