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Assoluzione per Cappato. Questione di dignità. La pm: “Lui è anche lo Stato”

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Il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e il pm Sara Arduini hanno chiesto ai giudici della prima Corte d’Assise di Milano di “assolvere perché il fatto non sussiste” Marco Cappato dall’accusa di aiuto al suicidio per aver accompagnato in Svizzera Fabiano Antoniani (in arte Dj Fabo, il 40enne milanese rimasto cieco e tetraplegico dopo un incidente stradale, per “mettere fine alle sue sofferenze”. “Il signor Cappato – ha detto Siciliano – é imputato per aver aiutato qualcuno a esercitare il diritto al suicidio? No, sacrilegio. Si tratta del diritto alla dignità e la corte può valutare la scelta di Fabiano come una scelta al diritto e alla dignità della vita e anche della morte, che comprende anche la scelta di come morire”.

Diritti che per il magistrato sono contenuti “dall’articolo 1 della Carta dei diritti fondamentali della Ue che recita: ‘La dignità umana é inviolabile e deve essere tutelata’”. Per il pm, “in quella che possiamo considerare la Costituzione europea”, “il diritto alla vita viene in seconda posizione e il testo normativo é piuttosto laconico e dice: ‘Ogni persona ha il diritto alla vita’”. Per il pm Siciliano il diritto alla dignità e quello alla vita vanno valutati in bilanciamento tra di loro nel caso di Dj Fabo. “Se Fabiano avesse avuto anche solo 30 secondi per potersi muovere liberamente – ha aggiunto – avrebbe provveduto da solo” a metter fine alle sue sofferenze “reimpossessandosi così del suo diritto alla dignità”, ma siccome per mettere in atto la sua decisione era necessario un aiuto, quella di Cappato é stata una scelta “giusta e doverosa”. La decisione di Dj Fabo di andare in Svizzera e ricorrere al suicidio assistito, infatti, era “granitica”. Nessuno, nè la mamma, nè la fidanzata, nè lo stesso tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, sarebbero stati in grado di dissuaderlo.

L’aiuto al suicidio, reato previsto dall’articolo 580 del codice penale, “secondo noi deve riguardare il momento esecutivo del suicidio, non le fasi pregresse. E nella fase esecutiva del suicidio di Fabiano Antoniani Cappato non ha svolto nessun ruolo”, ha sottolineato il pm Sara Arduini, che ha preso la parola prima del pm Siciliano. “Come emerso dai testimoni ascoltati in aula – ha aggiunto Arduini -, la decisione del suicidio assistito era già stata presa da Fabiano prima ancora di entrare in contatto con Cappato. Già a primavera 2016 la fidanzata di Fabiano aveva preso contatto con la clinica svizzera Dignitas, provvedendo al pagamento della quota associativa. Fabiano era così determinato nella sua scelta da intraprendere uno sciopero della fame e della parola. La sua decisione irreversibile è stata presa prima di conoscere Cappato”. Per il pm “Cappato non ha avuto nessuna influenza sul proposito di Fabiano. Fino alla fine chiese a Fabiano se ci voleva ripensare”. In altre parole, “Cappato non ha rafforzato il proposito suicidario di Fabiano, ha semplicemente rispettato la sua volontà e, come emerge dagli atti depositati a processo, non c’è nessun dubbio sulla piena capacità di intendere e di volere di Fabiano”.

Nelle battute finali della sua requisitoria, il pm Siciliano ha citato anche Utopia di Tommaso Moro. Anche nel testo del 1516 “si diceva che c’è nella sofferenza umana un diritto di scegliere la fine, ma sotto il prudente controllo di un sacerdote o di un magistrato”. Il magistrato ha ricordato che Tommaso Moro “per le sue idee è stato condannato a morte e giustiziato, ma poi è stato fatto santo“, e con una battuta ha fatto cenno a un’eventuale “santificazione” di Cappato.
“Impariamo dalla storia”, ha aggiunto il pm Siciliano, chiedendosi se la vita di Fabiano dopo l’incidente che lo aveva immobilizzato e reso cieco fosse per lui degna di essere vissuta. “Viene da chiedersi ‘se questo é un uomo”, ha aggiunto citando l’opera di Primo Levi. Per questo il magistrato ha chiesto alla corte, presieduta da Ilio Mannucci Pacini, di assolvere Cappato perché il fatto non sussiste o in subordine di inviare gli atti alla Consulta per vagliare la costituzionalità dell’articolo 580 del codice penale, che parla dell’aiuto al suicidio, o ancora, con una provocazione, ha chiesto che la corte rimandi il fascicolo alla Procura per permettere di chiedere il rinvio a giudizio anche per la madre di Dj Fabo, la fidanzata, il notaio che lo ha aiutato a redigere il testamento biologico e perfino “il portinaio che gli ha tenuta aperta la porta”. Affermazioni che sono state accolte da un applauso affettuoso da parte del pubblico in aula. In ogni caso, di fronte a un problema così delicato, “sarebbe meglio se una certezza venisse data da un intervento legislativo che fissasse i limiti per accedere al suicidio assistito, come succede in Svizzera, dove c’è una straordinarietà nel farlo”. L’udienza riprenderà alle 14.30 e la parola passerà alla difesa del leader radicale.
 

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