La premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi, leader di fatto della Birmania, ha promesso di far arrivare aiuti umanitari nello Stato del Rakhine abitato dalla minoranza Rohingya e da altre minoranze. Suu Kyi si è anche impegnata a risolvere qualsiasi violazione dei diritti umani avvenuta durante l’offensiva militare avviata in risposta a un attacco dei militanti Rohingya lo scorso 25 agosto. Ma il governo birmano ha risposto negativamente alla richiesta dell’Onu di un “accesso pieno e senza restrizioni” per verificare la situazione dei Rohingya.
L’annuncio di Aung è arrivato durante un discorso alla nazione pronunciato dalla leader a Naypyidaw davanti a diplomatici, autorità e giornalisti. Il messaggio alla nazione era molto atteso e arriva pochi giorni dopo l’appello ad agire che le aveva rivolto lo stesso segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. Aung San Suu Kyi ha detto anche che il governo birmano non intende evadere le proprie responsabilità e sta dalla parti di chi soffre: “Condanniamo tutte le violazioni dei diritti umani e la violenza contro la legge”.
Ma, subito dopo, la doccia fredda della risposta all’Onu.
Il governo birmano ha dunque ribadito il suo rifiuto alla Missione in Birmania, istituita da una risoluzione del Consiglio dei diritti umani a marzo scorso, perché “non aiuta “ a risolvere la complessa situazione nello stato del Rakhine e il problema dei Rohingya. “Ribadiamo la nostra posizione nel non riconoscere la risoluzione” che stabilisce la missione, ha spiegato l’ambasciatore birmano all’Onu a Ginevra, Htin Lynn, considerando che “l’istituzione di un ente di questo tipo non aiuta nel risolvere la già complessa situazione nel Rakhine”.
Lynn ha così risposto al presidente della missione, Darzuki Darusman.