Faccio l’arbitro amatoriale ormai da oltre venti anni, e sempre più spesso mi chiedo chi me lo faccia fare: da tanto tempo corro su e giù per i campi di provincia per arbitrare partite nemmeno dilettantistiche, ma addirittura amatoriali dove mi sono sentito dire di tutto. Dai genitori ma anche da bimbetti di non più di undici anni.
Il ‘figlio di Troia’, piuttosto che il ‘cornuto’ sono all’ordine del giorno. Una volta mi sono anche sentito dare del pedofilo perché avevo fatto i complimenti a un ragazzino che aveva marcato un bel gol… Ma questa, purtroppo, è la cultura, o meglio la sottocultura dal punto di vista sportivo, del nostro paese. Sono rimasto sbalordito invece da quello che è accaduto in Germania qualche giorno fa nella partita tra Hoffenheim e Bayer Leverkusen. Un gol convalidato per errore (la palla era entrata dall’esterno della rete per via di un buco nella porta) e ti aspetti il finimondo. E invece non succede nulla: se non la normalità. Sono sbalordito che nessuno abbia protestato più di tanto, ma soprattutto dal fatto che l’arbitro Felix Brych (o stesso direttore di gara, non sospeso, e che ha diretto Milan-Barcellona) sia andato in sala stampa a fine gara per chiedere scusa dell’errore grossolano del quale si era reso conto vedendo le immagini una volta negli spogliatoi. Il tutto accolto con ironia, ma anche con grande rispetto da parte di tutti i protagonisti della vicenda. Giocatori, allenatori, arbitro. Una splendida lezione di stile che stride con la tradizionale gazzarra e con il processo pubblico che si svolge ogni santa domenica su qualsiasi campo importate o minore.
Per me è naturale pensare che una cosa del genere nel nostro paese non potrebbe mai e poi mai accadere nemmeno tra i dilettanti. Ma sarei felice di una vostra risposta a riguardo o di un confronto con gli altri lettori di questo sito: il nostro calcio vive del pensiero cattivo, peggio… “del sospetto”. E finché la logica sarà questa non saremo mai in grado di costruire un rapporto sereno tra gli arbitri e i calciatori. E purtroppo la nostra esperienza sta diventando un peso anche per i nostri figli.
Angelo da Tradate