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Brasile, 1.500 arresti dopo assalto a istituzioni

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È di almeno 1.500 persone arrestate e decine feriti il primo bilancio della giornata di follia vissuta domenica a Brasilia, quando migliaia di sostenitori di Jair Bolsonaro hanno assaltato i palazzi delle istituzioni in una sorta di remake di quanto accaduto il 6 gennaio 2021 a Capitol Hill. Dopo ore di attesa e le condanne giunte da tutto il mondo, dagli Usa all’Ue, fino alla Russia, l’ex presidente ha rotto il silenzio prendendo le distanze dai rivoltosi.

Le manifestazioni pacifiche fanno parte della democrazia. Tuttavia, i saccheggi e le invasioni di edifici pubblici avvenuti, così come quelli praticati dalla sinistra nel 2013 e nel 2017, sono fuori legge”, ha dichiarato Bolsonaro, rimarcando di aver sempre “rispettato e difeso le leggi, la democrazia, la trasparenza e la nostra sacra libertà”. Per questo motivo il leader della destra, che secondo i media sarebbe in ospedale a Orlando, in Florida, per dolori addominali, ha detto di “ripudiare” le accuse “prive di prove” mosse nei suoi confronti dall’attuale presidente Lula. La nota deputata democratica Alexandra Ocasio-Cortez, in un paragone con quanto accaduto al Campidoglio, ha chiesto che gli Usa cessino di “concedere rifugio” all’ex presidente brasiliano. “Al momento” gli Stati Uniti “non hanno ricevuto alcuna richiesta ufficiale del governo brasiliano” riguardo all’eventuale rimpatrio di Bolsonaro, ha fatto sapere il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, che ha anche chiarito che gli Stati Uniti “non hanno alcuna informazione” riguardo a eventuali collegamenti tra gli insorti di Brasilia e “altre figure” coinvolte nell’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021.

Intanto, le autorità brasiliane hanno iniziato le indagini per accertare quanto accaduto. La prima testa a cadere è stata quella del governatore di Brasilia, Ibaneis Rocha, che è stato rimosso per 90 giorni dal suo incarico dal giudice della Corte Suprema, Alexandre de Moraes. Allo stesso tempo è stato ordinato lo sgombero dell’accampamento dei sostenitori dell’ex presidente Bolsonaro, che da oltre 60 giorni stazionavano nei pressi del quartier generale dell’esercito a Brasilia. Nel corso delle operazioni sono state fermate almeno 1.500 persone. L’intenzione delle autorità è di verificare quanti fra loro abbiano partecipato all’assalto delle sedi istituzionali di domenica. Secondo quanto riportato dal giornale ‘O Globo’, il raid sarebbe stato programmato già da giorni tramite i social network utilizzando la frase in codice ‘cena da Selma’. I primi messaggi sarebbero iniziati a circolare in alcuni gruppi Whatsapp lo scorso 5 gennaio. Per il presidente Lula, che ha visitato i luoghi assaltati dai manifestanti e ha tenuto una riunione di emergenza con tutti i governatori del Brasile, gli “atti terroristici” sarebbero stati finanziati “anche dall’estero”. Lula – secondo quanto ha riportato il giornale ‘Estadao’ – avrebbe ricevuto informazioni secondo cui la lista dei finanziatori comprenderebbe imprenditori dell’agroalimentare e altri, con legami che vanno al di fuori del Brasile.

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