Il Brasile (nella foto poco prima dell’amichevole giocata a Pechino contro lo Zambia) arriva a questa Coppa del Mondo come padrone di casa, è vero; ma mai come in questo caso possiamo parlare di effetto ‘rebound’. Il Brasile ha sulle spalle una pressione psicologica non da poco e soffre anche l’onda d’urto di un malcontento popolare che si è espressa in modo molto vivace, a tratti anche violento, nel corso dell’edizione della Confederations Cup dello scorso anno. Dunque, il Brasile è davvero il favorito d’obbligo?
Sì e no. Il paese mano a mano che ci avviciniamo alla Coppa sta scoprendo quella che i brasiliani chiamano “a freva”, la febbre. E quindi tra poco il Brasile entrerà in una sorta di trance agonistico che solo le prestazioni della squadra di Felipe Scolari potranno in qualche modo rilanciare o raffreddare. L’ultimo Mondiale in Brasile nel 1950 fu un dramma nazionale: si suicidarono a decine dopo il Maracanazo, la sconfitta contro l’Uruguay in finale. Ma i tempi sono cambiati; il paese è cambiato. E vuole il calcio: ma anche scuole, ospedali, trasporti e maggiore sicurezza per il lavoro e sulle strade. Insomma, il Brasile ha fatto qualche passo avanti rispetto al concetto di ‘panem et circenses’ che fino a qualche anno fa sembrava essere dominante.
La vittoria della Confederations Cup ha ridato fiducia a una squadra sicuramente forte e competitive: ma non si tratta del Brasile più forte di tutti i tempi. Neymar non è Pelé, ma nemmeno Zico. Eppure veste la Camisa Dies della berde oro. Una grande responsabilità che dovrà dimostrare sul campo di aver meritato.
Il primo giro di vite nel gruppo è tutt’altro che semplice: difficile trovare l’anello debole in un girone che sotto i padroni di casa è molto equilibrato. C’è il Camerun, forte dell’esperienza di un Eto’o ormai 33enne ma ancora capace di fare la differenza; la Croazia di Kovac con tantissimi talenti straordinari, seconda alle spalle di un Belgio meraviglioso nei gironi e facile protagonista di un playoff senza rischi contro la pur sorprendente Islanda. E poi c’è il Messico che sbrana allenatori (Herrera è il quarto in poche settimane) e gioca il ruolo dell’oggetto misterioso nonostante talenti conclamati come quello del “Chicarito” Hernandez o di Giovani dos Santos.
In questo girone, se è facile pensare che sarà il Brasile a passare per primo è molto difficile ipotizzare l’eventuale seconda. La Croazia, semifinalista nel 1998 contro ogni pronostico, può fare un buon mondiale anche in un girone molto difficile ed equilibrato. E quello che potranno fare Messico e Camerun lo capiremo solo sul campo e dipenderà non solo dalle condizioni delle stelle già citate, Eto’o, Giovani o Hernandez, ma dal collettivo. El Tri desta molte perplessità e la vittoria sull’Ecuador in amichevole per 3-1 (gol di Montes, Fabian e autorete del portiere dell’Ecuador Banguera) ha convinto ma solo fino a un certo punto.
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