A poco più di tre mesi dalla Brexit in programma per il 29 marzo del 2019, mentre aleggia l’incertezza sul destino del piano di Theresa May che dovrà essere votato dal Parlamento di Londra a gennaio, la premier britannica ha riunito il suo Consiglio dei ministri per accelerare i preparativi in vista di un’eventuale divorzio senza accordo. Il governo “discuterà della fase successiva per assicurare che siamo pronti a questo scenario di un ‘no deal'”, ha spiegato May nel suo intervento di lunedì alla Camera dei Comuni, a cui ha riferito del suo viaggio della scorsa settimana a Bruxelles.
L’ipotesi di una Brexit senza accordo, particolarmente temuta dagli ambienti economici, prende sempre più corpo visto che la leader conservatrice pena a convincere i deputati ad approvare l’accordo di divorzio che ha concluso con l’Ue a novembre, al termine di 17 mesi di negoziati. Qualche giorno fa May aveva fatto slittare all’ultimo momento il voto del Parlamento britannico sull’accordo, che era inizialmente previsto per l’11 dicembre, di fronte al rischio concreto di una bocciatura. Il piano, infatti, viene osteggiato sia dall’opposizione pro Ue, sia dai conservatori più radicali, i ‘Brexiteers’, che lamentano al contrario la prospettiva di un ancoraggio eccessivo all’Ue nonostante il divorzio.
Jeremy Corbyn, il leader dell’opposizione laburista, lunedì ha presentato una mozione di sfiducia contro Theresa May a seguito del suo rifiuto di convocare il voto sull’accordo prima della settimana del 14 gennaio, per la quale è stato invece annunciato. Il Labour vuole che i deputati possano pronunciarsi prima della pausa parlamentare per le feste di fine anno, che dura dal 21 dicembre al 6 gennaio. “È inaccettabile aspettare circa un mese prima di procedere a un voto sulla questione cruciale del futuro del nostro Paese”, ha denunciato Corbyn.
La mossa laburista ha poche possibilità di riuscita: il governo, a cui spetta la decisione di permettere l’organizzazione di un dibattito e di un voto su questa mozione, conta di opporsi. Stando a una fonte di Downing Street citata dall’agenzia di stampa Press Association, il governo “non concederà tempo a ciò che costituisce una trovata pubblicitaria”. La fonte, inoltre, ha messo in guardia il Labour dal depositare una mozione di sfiducia che prenda di mira l’intero esecutivo, e non solo May come quella presentata lunedì, dal momento che quella potrebbe portare a nuove elezioni generali. “La questione è di sapere quando, e non se, sfideremo il governo con una mozione di censura complessiva”, ha avvertito dal canto suo il ministro ombra del Labour per l’Alloggio, John Healey, su Bbc Radio4.
Anche se la mozione di sfiducia laburista contro May venisse adottata, non sarebbe vincolante per la premier. Rivelerebbe però ancora una volta la fragilità della sua posizione, dopo che nel voto di sfiducia interno ai Tory a cui è sopravvissuta in tanti hanno comunque votato contro di lei. Davanti alle divisioni, sempre più voci chiedono un secondo referendum sulla Brexit, nell’opposizione come fra i conservatori. Una cinquantina di personalità del mondo economico hanno difeso questa opzione martedì sul Daily Telegraph, ma questa eventualità viene categoricamente respinta da May, la quale ritiene che una seconda consultazione sarebbe un tradimento del popolo britannico che a giugno del 2016 ha votato al 52% a favore del divorzio. Esiste infine una terza possibilità, difesa da diversi ministri: dare al Parlamento la possibilità di votare in modo indicativo su diverse opzioni per la Brexit, dal mantenimento di una relazione stretta con l’Ue a un’uscita senza accordo.