“Voglio vedere diventare più forti gli insegnamenti islamici in questo Paese”. Queste le parole del sultano del Brunei, Hassanal Bolkiah, nella giornata in cui entrano in vigore le nuove leggi della sharia, che prevedono anche la pena di morte per lapidazione per atti sessuali al di fuori del matrimonio e tra persone dello stesso sesso. Il sultano, al potere da 51 anni nella nazione ricca di petrolio nel Borneo, ha anche affermato che il Brunei è un Paese “giusto e felice”, respingendo così le critiche piovute a livello mondiale per le annunciate nuove regole. “Chiunque venga a visitare questo Paese avrà una bella esperienza e godrà di un ambiente sicuro e armonioso”, ha detto il sultano.
Si dice preoccupata l’Unione europea, che chiede al governo del Brunei di garantire che “l’attuazione del codice penale non violi i diritti umani e sia pienamente coerente con tutti gli impegni e gli obblighi internazionali e regionali in materia di diritti umani intrapresi dal Brunei. L’Unione europea si aspetta anche che il Brunei mantenga la sua moratoria de facto sull’uso della pena di morte”.
“Alcune delle pene previste nel codice penale – spiega un portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna dell’Ue – equivalgono a torture, atti di trattamento crudele, inumano o degradante che sono vietati dalla Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, che è stata firmata dal Brunei nel 2015. Sono inoltre contrari alla Dichiarazione ASEAN sui diritti umani del 2012. Queste pene possono anche violare gli obblighi del Brunei in quanto parte della Convenzione sui diritti dell’infanzia e della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne”.