“Noi non abbiamo posto condizioni” e “siamo a disposizione” del professor Mario Draghi. E’ la metamorfosi di Matteo Salvini che dal voto a tutti i costi passa al “dobbiamo esserci” perchè di fronte al bene del paese non possono esserci “interessi di partito o di coalizione”. Il leader della Lega spariglia e motiva il suo sostegno al premier incaricato evocando “la rinascita e la concordia del Dopoguerra” come fu nel 1945, insomma, quando le migliori forze della Repubblica si misero a disposizione dell’Italia per la ricostruzione. Un messaggio neanche tanto velato all’alleata Giorgia Meloni che resta fuori dal governo dei migliori, a cui sta lavorando l’ex presidente della Bce, pur non avendo confermato un ‘no’ secco alla sua eventuale nascita. Difficile non essere folgorati dallo spessore dell’uomo Draghi, che si è contraddistinto in ambito internazionale per decisioni difficili, che poi a lungo termine si sono rivelate lungimitranti. Di questo ha bisogno l’Italia, dopo il governo delle “mance” o di quello precedente “dei no” a tutti i costi, sostiene lo stesso Salvini.
Il segretario del Carroccio lo sa e si è reso conto, in trenta minuti di colloquio, di essere più in “sintonia” con Draghi che con le politiche nostrane, anche all’interno della coalizione stessa. Non era infatti il momento di restare incatenati ai sondaggi, anche perchè, come lui stesso precisa “siamo cresciuti anche stando al governo con i 5Stelle”. “Lavoro, sviluppo, no aumento delle tasse”, queste le priorità per la Lega, a cui si associano anche le voci di industriali, imprese (medie e piccole) soprattutto del Nord che hanno chiesto al leader leghista “di non perdere questa occasione”. La spinta, proveniente dai territori, dove la Lega ha il suo quartier generale, non poteva restare inascoltata. E se a questo si aggiungono i cambi di fronte anche dei più anti-europeisti come Borghi e Bagnai, il risultato non poteva essere che quello sintetizzato da Salvini: “A disposizione”.
In questo modo, con l’ok di Lega e Forza Italia, solo Fratelli d’Italia resta fuori dalla partita. La leader di Fdi continua comunque a difendere la sua linea: “Non ho cambiato idea, perchè la pattuglia sta diventando estremamente eterogenea”. Eppure non alza le barricate: “La nostra scelta di non votare la fiducia non è sull’autorevolezza del nome, spero che Draghi faccia bene e così avrà i nostri voti”. Per il leghista questa diversità di vedute non intaccherà, tuttavia, l’alleanza: “Non commento i ‘sì’ e ‘no’ degli altri, li rispetto. Per me l’unità del centrodestra era ed è un valore. Spero che gli italiani tornino a scegliere il loro Parlamento presto ma preferisco riempire i mesi che ci separano dal voto di contenuti. E’ chiaro che, se sarà, sarà un esperimento breve e limitato nel tempo e di carattere eccezionale”.
La mossa di Salvini, come prevedibile, si riverbera sulla maggioranza a sostegno del Conte 2, la stessa su cui – a detta di Vito Crimi – dovrebbe nascere anche l’esecutivo Draghi. La disponibilità della Lega a essere della partita mette sicuramente in difficoltà il Partito democratico: “Un primo effetto l’incarico a Draghi l’ha avuto. Salvini è diventato europeista in 24 ore”, attacca con sarcasmo Andrea Orlando, da cui parte il tam tam di dichiarazioni dal Nazareno.
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