La procura di Patti (Messina) ha depositato la richiesta di archiviazione in relazione alla morte della deejay Viviana Parisi e del figlio Gioele, trovati morti il 3 agosto 2020 a Caronia, in provincia di Messina. “La donna, dopo la morte del piccolo, sia esso dovuto ad un evento accidentale (ma comunque ristretto ai limitati casi sopra indicati) o ad un suo gesto volontario, ha deposto il corpo di Gioele e si è allontanata, alla ricerca del primo luogo ‘utile’ che le permettesse, in qualche modo, di porre fine alla sua vita, subito dopo incontrando il traliccio dell’alta tensione”, scrive in una nota il procuratore di Patti, Angelo Vittorio Cavallo.
Pm: “Tesi più probabile Gioele ucciso dalla madre”
“L’ipotesi dell’infanticidio commesso da Viviana, alla luce dell’indubbio carattere residuale dell’altro scenario prima prospettato (morte di Gioele causata da una mera lesione interna, da un colpo di calore, per sete, ecc.), continua a rimanere la tesi più probabile e fondata per questo ufficio”, si legge in una nota della procura di Patti.
Condizioni salute mentale di Viviana precarie
“Le indagini hanno permesso di accertare in modo incontrovertibile le precarie condizioni di salute mentale di Viviana Parisi“. prosegue la nota della procura. “L’intera vicenda, in realtà, è ascrivibile in modo esclusivo alle circostanze di tempo e di luogo, al comportamento ed alle condotte poste in essere da Viviana Parisi e al suo precario stato di salute, purtroppo non compreso sino in fondo, in primo luogo da parte dei suoi familiari più stretti”.
La mamma deejay, “già” il 18 marzo 2020, “era stata trasportata di urgenza – scrive il procuratore Angelo Vittorio Cavallo – presso il pronto soccorso dell’ospedale di Barcellona Pozzo di Gotto, con richiesta di assistenza sanitaria obbligatoria in paziente con ‘riferita agitazione psicomotoria e con delirio mistico e di persecuzione’; il medico del pronto soccorso intervenuto ha ricordato di aver visto Viviana sdraiata per terra, che ripeteva la frase: ‘Abbiamo consegnato i nostri figli al demonio!’. Circa tre mesi dopo”, il 28 giugno 2020, “la donna era stata nuovamente condotta presso il pronto soccorso del Policlinico di Messina, con la seguente diagnosi: ‘riferita ingestione volontaria di farmaci‘, con chiaro intento autolesivo. La donna, nell’occasione, aveva manifestato la volontà di non sottoporsi ad alcuna visita psichiatrica, che pure appariva necessaria; il certificato medico redatto dal sanitario dava atto della situazione: ‘La paziente, resa ampiamente edotta sui possibili rischi e complicanze, in presenza del marito, rifiuta ricovero in osservazione per eseguire monitoraggio ECG e rifiuta di attendere la consulenza psichiatrica’”.
“Gli episodi sopra indicati – prosegue la nota – non sono stati casi isolati: tutti i familiari, gli amici ed i vicini di casa di Viviana Parisi hanno dichiarato come costei, nel corso del tempo, avesse dato luogo a numerosi episodi di instabilità psicologica, adottando comportamenti singolari (la lettura della Bibbia sul balcone di casa o nel sagrato della chiesa, in pieno lockdown), nonché accusando manie di persecuzione e timori di vario genere, come quello di essere controllata da sconosciuti, anche attraverso la televisione ed il telefono cellulare, oppure ritenendo di essere pedinata da macchine di grossa cilindrata”.