S’avvicina la scadenza di giovedì, la seconda, data da Madrid a Carles Puigdemont per fare chiarezza sulla dichiarazione d’indipendenza della Catalogna. Il premier Mariano Rajoy ha dato tempo sino a giovedì 19 al governatore catalano per chiarire se abbia o meno proclamato l’indipendenza, dopo che non lo ha spiegato entro il primo termine di lunedì 16. Ma Puigdemont “non si sposterà” dalla sua proposta di dialogo “senza condizioni”, ha fatto sapere il portavoce del governo di Barcellona, Jordi Turull.
Per il governo locale, ha spiegato Turull citato da Efe, “la resa non è in nessuno degli scenari” perché “l’impegno” legato al referendum del primo ottobre “è totale”. Ha anche detto che se Rajoy respingerà la proposta di dialogo “dovrà prendere delle decisioni”, riferimento alla prevedibile applicazione dell’articolo 155 della Costituzione, con cui Madrid può obbligare il governo autonomo a obbedire ‘commissariandone’ le istituzioni. La Corte costituzionale spagnola, nel frattempo, ha dichiarato nulla la legge sul referendum, che era stata approvata dal Parlamento regionale il 6 settembre e sospesa il via cautelare il giorno successivo. Ora è privata in via definitiva di qualsiasi legittimità.
Gli indipendentisti di Junts pel Sì e Cup hanno fatto sapere che lavorano assieme per applicare “effettivamente” l’esito del referendum. La deputata Mireia Boya, della Cup, ha detto che l’indipendenza è “ineludibile” e ha promesso che il risultato del referendum sarà reso effettivo “nei prossimi giorni”. “Stiamo parlando con Junts pel Sì per trovare il miglior momento e la miglior formula per proclamare la Repubblica” e “avanzare nel processo costituente”, ha affermato.
Intanto, sono in carcere i leader delle organizzazioni indipendentiste Omnium cultural e Asamblea Nacional Catalana, Jordi Cuixart e Jordi Sanchez, accusati di sedizione. Liberi ma con misure cautelari il capo dei Mossos d’Esquadra, Josep Lluis Trapero, e la vice Teresa Laplana, per decisione della guidice Carmen Lamena. Il ministro della Giustizia, Rafael Catala, ha definito l’arresto una questione giuridica e non politica, parlando di “politici detenuti e non detenuti politici”. Ha così risposto alle accuse di parti politiche e cittadinanza che affermano i due siano stati arrestati per motivi politici. Lo stesso Turull ha parlato di “vergogna per la democrazia” che in Spagna ci siano “detenuti politici in pieno secolo ventunesimo”, mentre il leader di Podemos, Pablo Iglesias, ha condannato l’arresto e affermato che “il partito che minaccia l’unità spagnola si chiama Pp”.
La reclusione per Sanchez e Cuixart ha causato anche proteste popolari in diversi punti della Catalogna, con epicentro in piazza Sant Jaume a Barcellona. In piazza, dove c’erano anche Puigdemont e la sindaca Ada Colau, sono scese 200mila persone. Su uno striscione campeggiava la scritta: ‘In difesa dei diritti e delle libertà’. Altre proteste sono poi seguite in vari luoghi in serata, con migliaia di dimostranti nel centro di Barcellona. Anche qui, sui cartelli erano scritte frasi come ‘Libertà Jordis, detenuti politici dello Stato spagnolo’ e ‘Repubblica subito’.