Giovedì 17 è un giorno che il governo giallo-verde ha cerchiato in rosso. Dopo un paio di rinvii, il via libera a reddito di cittadinanza e quota 100 dovrebbe arrivare in quella giornata, con una apposita riunione del Consiglio de ministri e la presenza al completo del ‘triumvirato’ Conte-Di Maio-Salvini.
La conferma è arrivata dallo stesso vicepremier leghista, anche perché nel testo sono previsti i 400 milioni per i disabili su cui il Carroccio aveva puntato i piedi. Da parte sua, il collega pentastellato, in missione a Strasburgo, ha spiegato che il sito per chiedere il reddito sarà pronto nel mese di marzo. “Da quel momento, nel giro di qualche settimana, vi diremo se la persona che ha fatto domanda può accedere al reddito oppure no”.
Con un occhio alle prossime elezioni europee, Di Maio ha anche rilanciato: “Non abbiamo finito qui, dobbiamo fare quota 41, che è il vero superamento totale della Fornero”, obiettivo cui tiene moltissimo pure Salvini.
Tra le novità del maxi-decreto (o, al limite, nel decreto semplificazioni all’esame del Senato) sarà la norma per fare retromarcia rispetto alla manovra, bloccando l’aumento dell’Ires alle realtà non profit. La tassa non verrà alzata dal 12% al 24%. Il premier Giuseppe Conte ha spiegato che si sta costitudendo un albo unico del Terzo Settore. “Quando questo sarà terminato, avremo una sorta di nuovo censimento degli enti e ci sarà un regime agevolato di tassazione: il tutto sarà più equilibrato”, ha detto Conte.
Non è chiaro se il Cdm di giovedì scioglierà il nodo della presidenza di Inps e Consob. Su quest’ultimo punto, resta uno stallo che dura dal settembre 2018. Cinque mesi fa, infatti, Mario Nava lasciò la commissione di garanzia perché il suo nome non era gradito al governo giallo-verde. Al suo posto, i pentastellati vorrebbero Marcello Minenna, benedetto anche da Matteo Salvini (“ha un buon curriculum, non c’è nessun problema”). Il Quirinale, che ha l’ultima parola, avrebbe però delle riserve, e non pare sia disposto a dare luce verde all’ecomista, che è stato assessore del Campidoglio all’inizio della giunta Raggi.
Non è un mistero che dal Colle più alto di Roma si siano manifestate, già a tempo debito, delle perplessità sul nome di Minenna. La preferenza sarebbe per un nome di alto profilo e comprovata indipendenza, quindi non una personalità già inserita nella Consob, di cui Minenna è dipendente. Tant’è vero che in ambienti leghisti circolano i nomi di altre figure, tra cui Donato Masciandaro, Carlo Maria Pinardi e Alberto Dell’Acqua, tutti della Bocconi. Questi nomi, però, non avrebbero ancora fatto formalmente ingresso nel palazzo del Quirinale, neanche come ipotesi.