‘Si dice che quando si è al centro dell’uragano ci si trovi nel posto più tranquillo, perché non si vede ciò che accade intorno a noi, non si vedono gli effetti del movimento naturale. In un certo senso quando si prende una decisione giudiziaria si è consapevoli degli effetti che può produrre, ma non si vede cosa sta succedendo, non si riesce a vedere ciò che accade in tempo reale perché si è concentrati su ciò che si deve fare’. È questa l’immagine con cui Baltasar Garzón, il giudice spagnolo che il 16 ottobre del 1998 ordinò e ottenne l’arresto del dittatore cileno Augusto Pinochet a Londra, descrive a LaPresse lo stato d’animo dei giorni precedenti e successivi all’arresto. In un’intervista realizzata in occasione dei 50 anni dal colpo di Stato dell’11 settembre del 1973 in Cile, in cui il generale Pinochet pose fine al governo del presidente socialista democraticamente eletto Salvador Allende, Garzón racconta a LaPresse dettagli e aneddoti di come si arrivò a quell’arresto. Inizialmente l’idea era quella di andare a Londra per raccogliere una dichiarazione dell’ex presidente cileno, idea che cambia in corsa quando Garzón viene a sapere che Pinochet intende lasciare Londra sabato 17 ottobre.È a quel punto che, il pomeriggio del 16 ottobre, un venerdì, Garzón decide di emettere il mandato d’arresto. Un documento scritto in modo molto stringato, per l’urgenza della situazione ma non solo: ‘l’aneddoto è che quando emisi il mandato d’arresto, il funzionario che aveva l’istruzione della pratica era già andato via perché era venerdì ed erano le due del pomeriggio, quindi dovetti scrivere l’ordine d’arresto a memoria, scrivendo solo la prima parte e lasciando aperto il resto’, tanto che nelle successive 48 ore fu una corsa contro il tempo per ampliare il documento in modo da renderlo più solido.
Cile, Baltazar Garzón: “Così feci arrestare Pinochet”
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