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Cisterna di Latina, palloncini e lacrime ai funerali delle sorelline uccise dal padre. Il parroco: “Preghiamo anche per lui”

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“Davanti a tragedie come questa ci chiediamo ‘perché’. La risposta è nella fede in Gesù che un giorno proclamò: ‘Io sono la via, la Verità e la Vita’. E in questa via hanno mosso i loro passi Alessia e Martina accettando la verità di quella Parola ascoltata che le ha fatte approdare alla vita eterna”. Le parole del parroco Don Livio Fabiani hanno riempito la chiesa di San Valentino, gremita di amici, parenti, cittadini, giovani e bambini. Sono i compagni di scuola di Alessia e Martina, le due sorelline di 13 e 7 anni, uccise dal padre Luigi Capasso, carabinieri di 43 anni. 

Tanti palloncini bianchi e rosa e lungo applauso davanti alle due bare. Cisterna di Latina è in lutto per i funerali delle due sorelline. Lo scorso 28 febbraio Capsso ha distrutto la sua famiglia: prima sparando alla moglie Antonietta Gargiulo, da cui si stava separando, poi uccidendo le due bimbe in casa. Alla fine, dopo una lunga trattativa con le forze dell’ordine, lui si è suicidato.

Gremita la chiesa di San Valentino, poco lontano dalla casa dell’orrore in via Collina dei Pini. Lì si è consumata la tragedia. La donna si è svegliata dal coma dopo una settimana. Non ricordava nulla. Né di essere stata ferita dal marito, né dell’uccisione delle piccole. Sono stati gli psicologi a informarla sulla tragica sorte delle sue due bambine. Ora è ricoverata all’ospedale San Camillo di Roma e le sue condizioni di salute non le permettono di partecipare ai funerali. La supporta un gruppo di psicologi che ha iniziato un percorso.

“È con grande emozione che oggi, a nome di tutti, do l’estremo saluto terreno ad Alessia e Martina, due bambine da me conosciute ed amate. Alessia, battezzata e comunicata da me, il prossimo 6 maggio avrebbe dovuto ricevere il sacramento della Cresima e Martina, a settembre avrebbe iniziato il suo cammino di catechesi parrocchiale. Ora è tutto finito. Ma è davvero tutto finito? – ha detto all’inizio dell’omelia il parroco, Don Livio Fabiani – Sono circa 50 anni che sono sacerdote e ho celebrato tanti funerali: funerali di persone suicide o uccise, di persone morte tranquillamente sul loro letto o tragicamente in incidenti vari, persone morte dopo una lunga malattia o morte all’improvviso senza che nessuno se ne accorgesse, giovani e anziani. Qualcuno potrebbe pensare che ormai sono abituato alla morte. No. Non sono abituato. Quando vedo una bara bianca un senso di ribellione mi assale e tanti ‘perché?’ affollano la mia testa. Perché? Mi chiedo e so che questo succede anche a voi, fratelli miei. Ma sappiamo tutti che umanamente parlando, non esistono risposte: allora ce la prendiamo tante volte con Dio, invochiamo la fatalità, parliamo di cattiveria umana, parliamo del caso. Ma restiamo sempre insoddisfatti e questo ‘perché’ continua a perseguitarci. Dove trovare la risposta? La risposta c’è e la troviamo in questo luogo – ha continuato il parroco – Perché abbiamo portato Alessia e Martina qui? Non potevamo portarle in uno stadio dove ci saremo entrati tutti? O non potevamo portarle in un ‘palazzetto’ dove saremo stati anche al coperto in caso di pioggia? No… le abbiamo portate qui in Chiesa perché questo luogo è stato molto familiare per Alessia e Martina. Qui hanno pregato insieme alla comunità parrocchiale, qui hanno cominciato a muovere i primi passi sulla via della fede, e per Alessia nell’impegno cristiano nell’ACR, Azione Cattolica Ragazzi. È perciò in questo luogo che possiamo trovare la risposta che cerchiamo”.

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