Un esercito silenzioso e invisibile di cinquecentomila addetti alle pulizie lavora senza sosta negli ospedali in condizioni estreme. Tutti i ‘dpi’, i dispositivi di protezione individuale, in questo momento sono destinati a medici, anestesisti, infermieri e operatori sanitari.
I lavoratori dell’igiene rivendicano pari dignità e – per il momento – triplicano le assenze. “Stiamo salvando il Paese rischiando la vita, metteteci nelle condizioni di farlo. Non abbiamo aiuto, non abbiamo sostegno, siamo stati abbandonati dal governo”, è il grido di denuncia che Lorenzo Mattioli, presidente dell’Anip – Associazione nazionale imprese di pulizia e sanificazione di Confindustria consegna a LaPresse.
Non chiedono ‘regali’, ma neanche ostacoli. Le mascherine non si riescono a reperire e quelle che erano riusciti ad acquistare dall’estero sono state requisite alle dogane dal dipartimento della protezione civile. “Il problema più grande è che non siamo equiparati al personale sanitario e, nonostante la promessa del presidente del Consiglio, noi non riusciamo più a trovarle, perché la priorità è darle al personale sanitario. Noi però dobbiamo garantire igiene e sanificazione dei reparti negli ospedali”, rivendica il presidente dell’associazione.
Se una parte dell’Italia è obbligata a restare in casa, c’è l’intero settore delle pulizie che deve garantire il servizio. Mattioli parla di “eroi non tutelati”. L’appello al governo è di ricevere aiuto per sanificare il Paese: “Vogliamo continuare a dare un servizio inderogabile e pubblico. So benissimo che è il problema più grande che abbiamo, ma anche quel poco che eravamo riusciti a trovare ci è stato tolto. Siamo dati per scontati”.
Alla sua voce si unisce quella di Gian Luigi Gado, presidente Onorario di Iscot Italia Spa Torino, che fa parte dell’Anip: “Siamo al servizio della comunità. È impensabile non poter avere le mascherine come linea in subordine privilegiata agli ospedali. I nostri fornitori bloccati perché non si reperisce neanche l’alcol”.
Il servizio è garantito ancora h24 e i turni, per soddisfare tutte le richieste, sono sfiancanti: “Il nostro mondo fa parte del terziario dimenticato nel tempo, considerato sempre un costo, con una insufficienza di investimenti – osserva Gado -. Mi auguro che il settore sarà visto con occhi diversi d’ora in poi: oggi c’è il Coronavirus, domani non si sa, ma l’igiene non può essere dimenticata”.