Attenzione alle ripercussioni economiche e istituzionali delle misure restrittive adottate – e confermate proprio in queste ore – dal Governo italiano nei confronti della Cina per l’emergenza Coronavirus. E’ l’allarme lanciato da Luca Rinaldi, Ceo della società InNova, che vive in Cina e segue diverse aziende italiane e cinesi oltre a occuparsi delle relazioni istituzionali tra i due Paesi. In un colloquio con LaPresse Rinaldi mette in guardia dalle conseguenze negative sulle relazioni diplomatiche Roma-Pechino, specialmente nel 50° anniversario dei rapporti Italia-Cina.
DOMANDA. Come giudica il blocco aereo?
RISPOSTA. Una cosa inutile e dannosa. Inutile perché non ne vedo il motivo, se vuoi impedire che i cinesi vengano in Italia basta dare direttive all’ambasciata per non concedere i visti. L’unico risultato è stato che i nostri connazionali non riuscivano a tornare se non con grandi giri negli aeroporti d’Europa e questo non è il massimo se si temono i contagi. E dannoso dal punto di vista dell’immagine. L’Italia per una volta ha reagito con rapidità inaspettata: è l’unico Stato in Europa ad aver attivato il blocco dello spazio aereo.
D. Ci saranno ripercussioni per l’Italia?
R. I cinesi sono permalosissimi. Le poche notizie relative agli episodi di razzismo e al blocco dei voli hanno fatto il giro del mondo. Si può stare sicuri che Pechino prenderà delle conseguenze. Il paradosso è che tutto questo avviene nel cinquantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche Italia-Cina, a un anno dagli accordi commerciali tra i due Paesi e all’inizio dell’Anno della cultura e del turismo Roma-Pechino.
D. Quali conseguenze dobbiamo aspettarci?
R. Alcune ci sono già, altre arriveranno sul medio periodo. In Cina hanno bloccato alcuni prodotti italiani esportati lì: è una perdita enorme in termini di milioni di euro, soprattutto per l’agroalimentare. Ci saranno perdite nel turismo, i cinesi vengono in Italia non solo per ammirare le bellezze artistiche, ma anche per fare shopping. Il più colpito sarà il settore del lusso. I nostri prodotti in Cina hanno una import tax pari al 40%, i cinesi vengono qua e comprano per se stessi, per le famiglie e per gli amici, anche perché in aeroporto restituiscono parte dell’Iva. Sarà un danno enorme a livello economico. E non solo.
D. Cosa vuol dire?
R. Salteranno le visite istituzionali a livello nazionale e locale. Ogni anno ci sono memorandum d’intesa con i quali si stipulano accordi di cooperazione nel turismo, si creano nuove rotte di voli. Tanto più nel 2020 che doveva essere l’anno del turismo Italia-Cina. Stiamo parlando di città ricchissime con milioni di abitanti l’una. Se salteranno, come è probabile, è chiaro cosa significherà in ritorno economico per il nostro Paese?
D. La sua attività è in stallo?
R. Ora sono in Italia, non sappiamo bene cosa succederà. Dobbiamo aspettare che si stabilizzi la situazione. Per ora non torno, non per paura della malattia, ma perché non si lavora.
D. Come stanno reagendo gli imprenditori italiani e cinesi che lei segue?
R. C’è un grande disorientamento tra le aziende italiane, mentre in quelle cinesi c’è paura, non panico, ma paura. Sterilizzano i luoghi di lavoro, ma hanno una grande voglia di tornare alla normalità. Soltanto le aziende farmaceutiche continuano a lavorare, molte imprese si sono convertite per far fronte all’emergenza.
D. Com’è la situazione in Cina?
R. Sono stato lì fino al capodanno cinese. La situazione all’esterno di Wuhan è normale. Il governo cinese ha allungato le ferie. Il problema è che per il capodanno cinese, tutti, e qui parliamo di milioni, sono usciti da Wuhan per tornare alle proprie case. Ma i numeri ci dicono che al di fuori di Wuhan non c’è un grande contagio.