Luigi Di Maio ha già scelto con chi sottoscrivere il “contratto” per il governo, ma se ora dicesse apertamente di preferire la Lega al Pd, la sua posizione di contraente di maggioranza relativa diverrebbe pericolosamente debole. Sarebbe un regalo troppo grande per Matteo Salvini, che si è dimostrato sì affidabile, come dice Beppe Grillo, ma ha anche quel lato politico da ‘animale di razza’ che non permette distrazioni: fargli sentire un odore troppo intenso di sangue sarebbe fatale alla preda.
Un rischio che il capo politico del Movimento 5 Stelle non può assolutamente permettersi, anche perché, trattandosi di un accordo temporaneo e non di un’alleanza, come ripete da giorni, quale motivo ci sarebbe di mettere il suo destino personale, e quello della sua truppa, nelle mani di un competitor così forte? Ecco, dunque, rispuntare dal cilindro pentastellato il ‘coniglio’ Pd.
Non per un classico doppio gioco della vecchia politica, piuttosto una partita doppia da utilizzare al tavolo delle trattative con il Carroccio per mantenere la forza contrattuale. Secondo fonti interne ai Cinquestelle, infatti, il leader non crede alla possibilità di stabilire un’intesa con i dem: troppo divisi al loro interno, inaffidabili sulle questioni che stanno più a cuore al M5S (reddito di cittadinanza, legge anticorruzione e norma più stringente sul conflitto di interessi) e soprattutto invisi al loro elettorato. Meglio utilizzare l’apertura di credito al Partito democratico per mettere un po’ di pressione sui contraenti preferiti.
Al Quirinale Di Maio lo ha detto chiaramente, per chi sa leggere tra le righe del suo intervento. Da un lato aspetta che Salvini molli Berlusconi e si consegni mani e piedi ai pentastellati, dall’altro però non chiude la porta al Pd “nella sua interezza”, nonostante sia ben cosciente che le redini sono ancora saldamente nelle mani di Matteo Renzi, suo ‘nemico’ numero 1, ma giocando sul fatto che adesso il front runner è Maurizio Martina e in queste settimane i suoi emissari hanno lavorato (bene) ai fianchi i parlamentari ‘dialoganti’ vicini a Orlando, Franceschini ed Emiliano.
Sarà però un fuoco di paglia, suggerisce qualche ‘voce di dentro’ pentastellata. La soffiata sembra trovare conferme nelle parole del capogruppo al Senato, Danilo Toninelli, fedelissimo del leader M5S, che dagli studi della ‘terza Camera’, ovvero ‘Porta a Porta’, ha rivolto un appello accorato a Forza Italia: “Svincoli Salvini e permetta di far nascere il governo del cambiamento”. Perché con la Lega, nel Cinquestelle, sentono che si può fare (sondaggi alla mano). Col Pd, invece, l’odore è solo di bruciato.