“So che gli amanti del sangue social vorrebbero che lo scontro andasse avanti fino alle estreme conseguenze, e del resto su Twitter sta proseguendo nei miei confronti il trattamento che potrete verificare, da parte di tanti pasdaran che forse non aspettavano altro. Ma la rettifica (chiamiamola così) del M5s fa obiettivamente venir meno gli estremi per un passo giudiziario”. Nuovo episodio, e forse ultimo, della querelle a distanza tra il direttore del Tg di La7, Enrico Mentana, e il M5S dopo che il logo del telegiornale della rete di Cairo era finito nel post di Beppe Grillo che denunciava le bufale dei media italiani.
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“Mi sono mosso per difendere la reputazione del tg che dirigo da un’accusa grossolana e infamante per qualunque testata, e sicuramente del tutto fuori luogo per il Tgla7 – spiega il giornalista – Non me ne frega niente di ‘fare il fenomeno’. Il mio campo è quello della libera e corretta informazione, non quello delle gare tra forzuti della politica o del web. Anche in queste 24 ore ho avuto a cuore che le notizie politiche del mio tg fossero sine ira et studio nei confronti di tutti, come è sempre stato”. “So che si scriverà che Grillo ha avuto paura della querela – dice Mentana -, che io ho avuto paura di perdere i telespettatori grillini, etc. Chissene, per quel che mi riguarda. Fuori dalla querelle legale resta un giudizio da parte mia duramente critico per l’idea delle giurie popolari: ai più ilari ricordano il festival di Sanremo, ai più preoccupati la Cina della Rivoluzione Culturale. Per me è solo un’idea sballata, concettualmente e fattualmente: anche il M5s ha scelto uomini suoi, e non, quando si è trattato di indicare la guida della Commissione parlamentare di vigilanza o un consigliere di amministrazione Rai, seguendo criteri di competenza”.