Un Tribunale unificato, un solo giudice, un unico rito. Più ascolto ai figli minori e un ‘piano genitoriale’ su scuola e attività ludico-ricreative per decidere su affidi o diritto di visita dei genitori. Un pm che può fare (prima) più indagini per inoltrare (dopo) meno ricorsi su perdita della potestà genitoriale o condotta del genitore pregiudizievole ai figli. Entra in vigore l’1 marzo la ‘riforma Cartabia’ sul diritto di famiglia.
Al centro le separazioni (79.917 nel 2020 secondo l’Istat, una su tre consensuale fuori dai Tribunali) e divorzi (66.662, uno su due consensuale). I pilastri delle norme contenute nella legge delega sul processo civile, approvate dal precedente Governo Draghi, hanno l’obiettivo di fondo della riduzione del -40% dei tempi nella giustizia civile in chiave Pnrr. Ecco i principali cambiamenti.
TRIBUNALE UNICO DELLA FAMIGLIA
Entro ottobre 2024 nascerà il Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie. Saranno sia circondariali (nelle città più piccole) che distrettuali. Sarà uno dei modi con cui superare l’attuale frammentazione di competenze, ‘spaccate’ fra Tribunale ordinario, Tribunale per i minorenni (che rimane in vigore ma con funzioni più specifiche) e Giudice Tutelare. Escluse da questo accorpamento solo le adozioni e i procedimenti di competenza delle sezioni Immigrazione.
RITO UNICO
Tribunale unico, rito unico, davanti a un solo giudice: la causa non dovrà più avere due fasi, come oggi, cioè la prima comparizione davanti al Presidente (Udienza Presidenziale) e successivamente davanti al Giudice Istruttore. Sarà possibile presentare in contemporanea, in un unico atto, domanda di separazione e domanda di divorzio. Sarà un solo procedimento che comincia con il deposito sin da subito di atti introduttivi che contengono il racconto dei fatti e dei mezzi di prova. La procedibilità del divorzio dipenderà da due criteri: una sentenza passata in giudicato sulla separazione e la cessazione, senza mai interruzioni, della convivenza fra i due coniugi.
Nei casi in cui siano stati stabili contributi periodici di denaro e assegni di mantenimento, il giudice può ordinare indagini anche di polizia tributaria sui redditi, patrimoni e l’effettivo tenore di vita delle due parti.
I MINORI
“Rilevanza sempre crescente” per l’”ascolto del minore” anche con età inferiore ai 12 anni che ha “diritto di esprimere il proprio pensiero in tutte le questioni e le procedure finalizzate a incidere nella propria sfera individuale”. Lo si legge nella Relazione illustrativa della riforma che ha recepito gli indirizzi di normative e convenzioni sovranazionali. Il giudice dovrà tenere in considerazione “età e grado di maturità” e l’ascolto potrà avvenire in forma diretta o con l’assistenza di esperti in psicologia o psichiatria infantile (ascolto assistito). Anche la competenza territoriale dei giudici sulle cause di famiglia dipenderà dal luogo di residenza abituale del minorenne.
PIANO GENITORIALE
I coniugi con figli sono tenuti a presentare un “piano genitoriale che illustri gli impegni e le attività quotidiane dei minori, relativamente alla scuola, al percorso educativo, alle eventuali attività extrascolastiche, sportive, culturali e ricreative, alle frequentazioni parentali e amicali, ai luoghi abitualmente frequentati, alle vacanze normalmente godute” con informazioni utili che permettano al giudice di costruire un percorso “su misura” rispetto a vita pregressa, abitudini o sulle scelte più ‘complicate’ riguardanti affido, collocamento e diritto di visita.
PUBBLICO MINISTERO
In vista dell’istituzione del nuovo Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie “la figura del pubblico ministero appare centrale” e vengono precisati i soggetti istituzionali, la polizia giudiziaria e i servizi sociali, deputati a fornire le informazioni necessarie per verificare la necessità di eventuali ricorsi per perdita della potestà genitoriale o altre fattispecie. Le statistiche degli uffici dei pm minorili dimostrano che lo svolgimento di accertamenti preliminari riduce i ricorsi successivi limitando un intervento dell’autorità giudiziaria “vissuto dai soggetti coinvolti come ingiustificatamente o eccessivamente invasivo”.