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Earth Day, il biologo: “Soluzioni comuni perché la CO2 non rispetta i confini”

Lo scioglimento dei ghiacciai è un fenomeno irreversibile?Sì e no. Ci sono dei circoli viziosi, a lungo andare potrebbero essere irreversibili. Il punto sta nell’invertire il trend, l’andamento deve essere cambiato, dobbiamo riuscire come minimo a stabilizzare le temperature medie terrestri e impedire che aumentino ancora”. Così a LaPresse Danilo Zagaria, biologo, divulgatore scientifico e redattore editoriale che ha pubblicato recentemente con Add Editore il libro ‘In alto mare. Paperelle, ecologia, Antropocene’. Zagaria commenta il report diffuso dall’Omm sullo scioglimento record dei ghiacciai nel mondo nel 2022, alla vigilia dell’Earth Day. “Nel caso in cui le temperature continuassero a salire le proiezioni degli scienziati sono preoccupanti, possono portare alla totale scomparsa del ghiaccio marino artico nei mesi più caldi”, dice Zagaria. All’interno del suo libro ci sono diverse parti dedicate al tema dello scioglimento dei ghiacci, in particolare il paragrafo ‘L’acqua sale perché fondono i ghiacci artici?’.

Il libro si apre (e ha nel titolo) anche le ‘paperelle’. Si tratta di un riferimento a un celebre aneddoto: il 10 gennaio 1992 la portacontainer Ever Laurel fu colpita da una tempesta mentre attraversava l’Oceano Pacifico e perse alcuni container in acqua. “Uno di questi conteneva 7200 confezioni di Friendly Floats”, spiega nel libro, cioè appunto paperette gialle, e poi anche castori, tartarughe e altri animaletti di plastica. Oltre 28mila animaletti galleggianti viaggiarono migliaia di chilometri fino all’Alaska, all’Australia. “Molte volte è stata raccontata come una storia divertente, altre volte come una storia scientifica, ma poche come quella che è: una grande storia di inquinamento ambientale – spiega Zagaria – Queste storie si ripetono perché ancora oggi abbiamo difficoltà a controllare ciò che avviene in mare”. E’ difficile ‘governare’ le acque ma sicuramente si possono avere altri accorgimenti per evitare disastri ecologici: “Si potrebbe ridurre l’impatto usando meno plastica, per esempio. La transizione dalla plastica è fondamentale”, aggiunge.

Poi parla di possibili soluzioni: “Chiunque partecipi ai meeting internazionali, come le Cop dell’Onu, ha i propri obiettivi, è simile a una riunione di condominio. Tutto si risolve in grandi discussioni che, come in una riunione di condominio, portano a degli scontri. E’ difficile mettersi d’accordo ma serve una direzione comune, che vada oltre gli interessi dei singoli Stati. E bisogna farlo in modo veloce”, racconta il biologo, con un po’ di pessimismo. “E’ come quando i supereroi hanno poco tempo per passare da una porta che si sta chiudendo, anche noi abbiamo poco tempo”, aggiunge, commentando i dati dell’Ipcc sul cambiamento climatico recentemente pubblicati. “Per farlo, dobbiamo avere obiettivi comuni”, spiega ancora. “La CO2 o gli animali non rispettano i confini nazionali“, spiega, perciò occorrono “obiettivi e soluzioni comuni”. Potrebbe essere insomma l’unica cosa che “cambia davvero le cose”, racconta ancora. “I singoli spesso pensano di essere una minoranza ma non è così”, racconta Zagaria. E cioè: pensiamo di essere gli unici a interessarci all’ambiente e quindi che la nostra piccola azione non cambierebbe nulla. “Alcuni studi hanno dimostrato che quando avviene questo meccanismo, cioè il senso di impotenza, chi vorrebbe vivere in un mondo più pulito e green si percepisce come minoranza ma secondo i sondaggi questa minoranza è in realtà una maggioranza e bisogna anche comunicarlo sui media”. 

Nel suo libro, un esempio di divulgazione scientifica certamente riuscito, ci sono anche aneddoti collegati alle nostre abitudini quotidiane. “E’ importante che non si comunichi che per ‘mettere una pezza’ ai problemi ambientali dobbiamo rinunciare completamente al tenore di vita. Un mondo più green non è un mondo al quale arrivare per forza rinunciando alle nostre vite e abitudini”. All’interno del libro Zagaria parla per esempio del sushi: “Le certificazioni verdi esistono anche per i ristoranti che servono sushi”, spiega Zagaria. Nel libro racconta: “Tutto questo pesce a buon mercato e servito in grandi quantità ha portato più di una persona a porsi qualche domanda sulla qualità e l’origine del pescato, al punto che alcuni gestori sono corsi ai ripari. Sono quindi arrivati i ristoranti di sushi certificati. Che cosa significa? Significa che il locale in questione si impegna a servire pesce pescato in modo sostenibile”. Quindi, spiega a LaPresse, “non bisogna completamente rinunciare alle abitudini ma per esempio informarsi sulle certificazioni” oppure “leggere bene le etichette” al supermercato. Uno dei primi e fondamentali cambiamenti parte infatti da noi stessi e dalle nostre abitudini: “La maggior parte delle persone è consapevole del proprio impatto e vorrebbe un mondo migliore“. E’ ora di costruirlo. 

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