Cosa hanno in comune Alessandro Di Battista, Angelino Alfano e Anna Finocchiaro? Dal punto di vista politico praticamente nulla, ma in vista delle prossime elezioni tutti e tre hanno deciso di pronunciare tre parole: “Non mi ricandido“. In attesa del 4 marzo sono già tantissimi coloro che non correranno per una poltrona in Parlamento per vari motivi. Il primo della lista è stato sicuramente il deputato del M5S, per anni frontman del Movimento: ha spiegato che continuerà a fare politica ma senza seggio per dedicarsi al figlio Andrea, nato da pochi mesi. Poche ora fa invece è arrivato l’annuncio di Gian Luca Galletti, ministro dell’Ambiente: “Oggi si apre una fase diversa della mia vita: ho deciso di non candidarmi e ritorno con grande soddisfazione alla mia professione, rimanendo come sempre a disposizione del mio Paese”. Poco più di un mese fa a sorpresa anche Angelino Alfano, titolare degli Esteri, aveva detto stop: “Voglio dimostrare che quanto ho fatto in questi anni è stato dettato da sincera convinzione e non da convenienza. Sarà l’occasione per riprendersi un pezzo della mia vita e la mia famiglia”.
VIA FINOCCHIARO E BINDI. Anche il centrosinistra perde due pezzi da novanta: al suo ottavo mandato lascia Anna Finocchiaro, attuale ministro per i Rapporti con il Parlamento; nel prossimo Parlamento non ci sarà neanche Rosy Bindi, volto storico del Pd e presidente della Commissione Antimafia. Passo indietro nei dem anche per Vannino Chiti, che spiega: “Non ho condiviso la scelta del Pd sulla legge elettorale”. Dall?altro lato dello schieramento salutano l’esponente di Forza Italia Carlo Giovanardi (“Ho 68 anni, nessun accanimento, è importante sapere quando dire basta”) e un altra faccia nota forzista come Daniele Capezzone. “Non ci sono le condizioni per un mio impegno elettorale il 4 marzo prossimo”, ha spiegato amaro in una nota l’ex portavoce del partito di Silvio Berlusconi. In attesa della prossima rinuncia eccellente, nel prossimo Parlamento c’è anche chi come Carlo Calenda giura che non ci sarà: difficile però escludere che l’attuale ministro dello Sviluppo economico non possa rispuntare in un governo di larghe intese.