“Dopo le elezioni la situazione può solo peggiorare, il voto può solo accelerare il disastro”. Oreste Scalzone, alla ribalta nel ’68, poi fondatore ed esponente di Potere Operaio e in seguito di correnti dell’Autonomia Operaia, è disincantato e pessimista sul futuro del paese dopo il 4 marzo.
Lui, uno dei protagonisti degli anni bui del terrorismo, degli attentati e della lotta armata, di una cosa è certo: “In quegli anni non c’era la psicosi diffusa di oggi, paure e angoscia così totalizzanti e generalizzate”. Scalzone però, prima di avventurarsi in un colloquio con LaPresse nei discorsi italiani, vuole precisare che “viviamo in una situazione di massacro continuo tra guerre, disastri ecologici e climatici, devastazioni globali, esodi, nuove schiavitù, nuove miserie”, che davanti “allo sterminio continuato neanche silenzioso, ma martellato ogni giorno dai mass-media”, persino i fatti di Macerata, Piacenza, Palermo “sembrano inezie”. Ma non vuole sminuire i fatti, Scalzone, vuole solo inserirli “in un quadro spaventoso” nel quale tutti gli statisti, i governanti, i prim’attori della geo-economia e della geo-politica sono come maschere spettrali di un continuo gioco di ruoli”. Tanto da arrivare a dire che oggi siamo davanti a “una orribile santa alleanza di tagliagole” e persino Grasso e Boldrini recitano la parte “delle anime belle, e imbelli”.
Tirando le fila del discorso e ricomponendo i frammenti sparsi, Scalzone non ripone alcuna fiducia nelle urne né tantomeno nelle forze politiche in campo. “Si tratta – tuona al telefono da Parigi – di liberal/fascisti, o rosso/bruni, o altre combinazioni cromatiche” che non fanno altro che alimentare la “paura e il fantasma del diverso e dell’invasore“.
Poi si getta nell’amarcord. “Anche ai nostri tempi – ricorda – fioccavano morti da una parte e dell’altra e anche lì davanti alla violenza ci si sentiva a disagio, la si praticava come necessità, non a cuor leggero”. Ma, afferma, “stavolta è diverso: ora abbiamo anche i fascisti che sono sulla cresta dell’onda, alle porte del Parlamento, anche per l’insipienza di tutte le sinistre. C’è un ministro dell’Interno che dopo la sparatoria di Traini contro sei ragazzi nigeriani (adesso ne parlano come di uno semplicemente psicopatico – certo, ma non era isolato né prima né dopo) è andato a Macerata e non ha visitato i feriti per mero calcolo politico-elettorale”. E ancora: “Tutto viene misurato col bilancino: questi politici sono capaci di tutto, compatibili col peggio del peggio”.
La soluzione, dunque, per il ‘combattente mai domo’ è “la resistenza innanzitutto quotidiana e personale, meglio in compagnia e sennò anche da soli” contro il cinismo e la resa, magari da delusione.