Per quanto il programma ‘Joint Strike Fighter – F35 Lightning II‘ (Jsf-35), in seguito a “molteplici problematiche tecniche riscontrate negli anni” si presenti oggi “in ritardo di almeno cinque anni rispetto al requisito iniziale”, e per quanto i costi unitari per i velivoli siano “praticamente raddoppiati”, l’opzione di ridimensionare la partecipazione dell’Italia al programma stesso andrebbe a determinare potenzialmente “una serie di effetti negativi”. In particolare, la perdita degli investimenti sostenuti finora e delle opportunità legate allo stabilimento Faco (cioè di assembleggio finale e messa a punto) di Cameri (Novara). Oltre alla perdità delle opportunità, sia concretizzate che potenziali, collegate all’evoluzione dello stesso impianto, che in futuro potrebbe ospitare le attività cosiddette “MRO&U”, cioè relative alla manutenzione e all’aggiornamento degli aerei.
A segnalarlo è la Corte dei Conti, nella sua relazione speciale sulla partecipazione italiana al programma per lo sviluppo e la produzione degli F-35, i cui costi sono finanziati in misura superiore al 75% dal governo statunitense e che – si legge nel documento – dovrebbe portare all’Italia ritorni industriali effettivi pari a 14,2 miliardi di dollari e ritorni occupazionali stimati tra i 3.500 e i 6.400 posti di lavoro, a fronte di investimenti già effettuati fino a fine 2016 per 3,5 miliardi di euro e di ulteriori 600 milioni previsti nel 2017. La relazione, precisa la Corte, pone l’attenzione sulla “valutazione dei profili economici” dell’operazione per quanto riguarda in particolare i ritorni industriali, occupazionali e tecnologici attesi dagli investimenti effettuati, e non sull’adeguatezza delle caratteristiche tecniche dei velivolo rispetto alle effettive esigenze operative della difesa italiana.
Tra gli elementi analizzati, dunque, figurano l’aumento del costo medio di acquisizione dei mezzi, stimati a 69 milioni di dollari nel 2001 e arrivato oggi a 130,6 milioni, dato comunque in calo rispetto al picco stimato nel 2012, quando ogni aereo era dato a 137 milioni di dollari. Oltre al progressivo slittamento dell’avvio della fase di “full rate production”, inizialmente fissato al 2016 e ora previsto a partire dal lotto di produzione 15 (2021-2022), quindi con almeno cinque anni di ritardo sulla tabella di marcia. Un quadro, rileva ancora la Corte, nel quale si inscrive anche la riduzione di quasi il 50% del numero di velivoli ordinati da parte degli stessi Stati Uniti. “La valutazione complessiva del progetto deve tener conto, proprio in termini squisitamente economici, della circostanza che l’esposizione fin qui realizzata in termini di risorse finanziarie, strumentali ed umane è fondamentalmente legata alla continuazione del progetto”, segnala comunque in conclusione la Corte, sottolineando che “alla continuazione del medesimo corrispondono infatti non solo i costi fin qui affrontati ed i ritorni economici già realizzati, ma soprattutto i costi in termini di perdite economiche ove avesse termine o si riducesse sostanzialmente la partecipazione al programma”