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Giornata Memoria, così ricordiamo per non dimenticare

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Un giorno per ricordare. Anzi, di più. Un giorno per ricordare di non dimenticare l’orrore, affinché non si ripeta mai più. È il 27 gennaio che, a partire dal 2005, è stato scelto dall’Onu per onorare le vittime dell’Olocausto. Non è stato facile individuare una data. Tanti, troppi, gli eventi – per lo più atroci – su cui sarebbe potuta ricadere la scelta per elevarla a simbolo universale della tragedia ebraica. Alla fine si è deciso per il 27 gennaio per fissare per sempre nella Storia quel giorno del 1945 quando, nella fase finale della seconda guerra mondiale, le truppe sovietiche dell’Armata Rossa, avanzando nel cuore della Germania nazista, arrivarono ad Auschwitz. Qui i pochi sopravvissuti e, soprattutto, i macabri resti degli ebrei che vi trovarono la morte rivelarono così al mondo la disumanità dei campi di sterminio.

Quello di Auschwitz non fu il primo lager a essere liberato. I russi avevano già fatto saltare i cancelli di Majdanek e conquistato le zone in cui si trovavano i campi di concentramento di Belzec, Sobibor e Treblinka, smantellati dai nazisti nel 1943. Ma l’1 novembre 2005, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite stabilì che fosse proprio il 27 gennaio a dover ricordare lo sterminio del popolo ebraico, esortando tutti gli Stati membri a indicare nelle generazioni future “le lezioni dell’Olocausto”.

Ad aiutare a non dimenticare ci sono anche le pietre di inciampo, piccoli ‘monumenti’ alla memoria. Blocchetti di pietra, simili ai sampietrini, ricoperti da una piastra di ottone con inciso il nome, l’anno di nascita, il giorno e il luogo della deportazione e la data di morte di coloro che non hanno più fatto ritorno a casa dai campi di sterminio. Perché, come recita il Talmud, ‘una persona viene dimenticata soltanto quando viene dimenticato il suo nome’. E queste pietre commemorative – nate nel 1992 dall’idea dell’artista tedesco Gunter Demnig – vogliono ricordare al mondo ogni singola vittima – non solo ebrei, ma anche rom, zingari, sinti, omosessuali e dissidenti – dell’insensata violenza nazifascista. La prima fu posata a Colonia in ricordo di mille tra Sinti e Rom deportati nel 1940. In Italia sono state posate circa 1.500 pietre in più di 130 Comuni e il loro numero va aumentando di anno in anno. Da oltre trent’anni ognuno di questi blocchetti riluce sotto il sole di tutta Europa: una luce di speranza affinché quelle atrocità non si ripetano mai più.

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