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Governo, fino a martedì per ricucire con Renzi. Conte spera, fibrillazioni M5S

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Al quarto giorno di crisi restano aperti tutti gli scenari. Perché la prospettiva di una maggioranza “politica” a partire da M5S, Pd, Leu e Italia Viva esiste ma va verificata: il timone dal Colle passa a Montecitorio fino a martedì, con il presidente Roberto Fico incaricato di verificare se, tra veti ritirati, battute a mezza bocca e post Facebook, esista o no la possibilità di ripartire da dove tutto si era interrotto lo scorso 13 gennaio. Ma, soprattutto, a quali condizioni.

Da Italia Viva non è arrivato lo stop formale al premier a condizione però “che si riprenda il filo” per cucire rapidamente un programma di fine legislatura che comprenda le istanze messe nere su bianco da Matteo Renzi due mesi fa su crisi economica, sanitaria ed educativa. Il M5s, trincerato sull’avvocato pugliese, ha formalmente manifestato la disponibilità a un confronto “con chi intende dare risposte concrete nell’interesse del Paese” per un governo “che parta dalle forze di maggioranza che hanno lavorato in questo ultimo anno e mezzo insieme”. In teoria sembrano buone premesse: ma è proprio in casa pentastellata che scoppia il caos, contribuendo alla confusione.

Il malumore sommerso degli ultimi giorni sul ritorno al dialogo con il leader Iv – dopo i mai più pronunciati a gran voce – si materializza in un post Facebook di Alessandro Di Battista. “Tornare a sedersi con Renzi significa commettere un grande errore politico e direi storico”, scrive, “significa rimettersi nelle mani di un ‘accoltellatore’ professionista”. E dunque “se il Movimento dovesse tornare alla linea precedente io ci sono. Altrimenti arrivederci e grazie”. E la senatrice Barbara Lezzi chiede a gran voce un voto degli iscritti pentastellati. Difficile ci sia il tempo però, perché “è doveroso dar vita presto a un governo con un’adeguata base parlamentare”, è tornato ancora a raccomandare Mattarella. Quali sono gli scenari in campo? Il Conte ter, per quanto in salita, non è tramontato. Il premier aveva sperato sin dal giorno delle dimissioni di ottenere lui stesso il mandato per verificare l’esistenza della maggioranza ma gli tocca rimanere in panchina, impegnato tra colloqui telefonici, messaggini e confronti con chi gli è più vicino.

Ora sarà Fico a gestire le trattative ‘politiche’, perché i partiti arriveranno agli incontri con una lista di condizioni e proposte definite che bisognerà far conciliare. “Ribadiamo la nostra disponibilità a sostenere un governo guidato da Giuseppe Conte, con solida base politica e numerica, fondata sulla convergenza delle forze europeiste presenti in Parlamento, dando così vita ad una maggioranza più coesa e rafforzata”, dice il Pd, che spera di puntellare la coalizione ma continua a sognare ‘l’indipendenza’ da Iv. “Esprimeremo al Presidente Fico, al quale auguriamo buon lavoro, le nostre valutazioni e le nostre priorità programmatiche che muovono dall’esigenza di salvaguardare il lavoro e contrastare le gravi diseguaglianze che la pandemia ha aggravato”, anticipa il Nazareno. “Lavoreremo al fianco del presidente Fico a cui è stato affidato un compito cruciale in questo frangente. Concentriamoci sui temi che ci accomunano e tagliamo fuori tutti i temi divisivi”, promette Luigi Di Maio. “Diciamo no alla caccia al parlamentare, diciamo sì alle idee e ai contenuti”, assicura Renzi. Per un Conte Ter oppure per un governo con un altro nome della stessa maggioranza che potrebbe essere quello dello stesso Di Maio o di Dario Franceschini.

E se non si trovasse la sintesi? Non essendo decollata l’operazione quarta gamba bisognerà inevitabilmente lavorare a un sostegno parlamentare ampio per un governo istituzionale. I nomi sono sempre quelli: il solito Mario Draghi, tirato in ballo ormai da mesi con – si vocifera – sommo fastidio di Conte e citato oggi nel suo discorso dal presidente di Cassazione che ne ha ripetuto le parole sull’egoismo politico che ricade sui giovani. Ma anche Paolo Gentiloni e David Sassoli, entrambi targati dem ma dallo standing istituzionale e internazionale perfetto per il Modello Ursula. Tanto più che il centrodestra, che come prima opzione ha indicato il ritorno alle urne, potrebbe dividersi come già accaduto nel 2018: “Tutti i componenti si sono riservati, ove non si andasse ad elezioni, di valutare con il massimo rispetto ogni decisione che spetta costituzionalmente al Capo dello Stato all’esito delle consultazioni in corso”. Occhi puntati su Forza Italia, ma per parlare eventualmente di larghe intese bisognerà prima conoscere l’esito delle consultazioni di Fico.

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