Come primo approccio al governo è andata bene. Perché dal confronto a Palazzo Chigi sul taglio del cuneo fiscale e la riforma dell’Irpef i sindacati escono moderatamente soddisfatti. Non esultano Cgil, Cisl e Uil ma almeno se ne vanno col sorriso sulle labbra di chi intravede una luce in fondo al tunnel per i lavoratori. Questo perché la platea dei percettori del cosiddetto ‘bonus Renzi’ si allarga e tocca quota 16 milioni di dipendenti. Non solo, lo schema elaborato dal Mef – sulla base dei 3 miliardi stanziati in manovra nel 2020 – prevede un aumento fino a 100 euro per chi già ne beneficia e un allargamento, con base netta di 80 euro al mese per chi ha un reddito entro i 35mila annui e di 40 euro mensili per chi ne guadagna 40mila. A esporre le idee dell’esecutivo c’erano il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, la sua vice Laura Castelli, la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, e ovviamente il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Per le tre confederazioni, invece, il classico tridente: Maurizio Landini per Cgil, Annamaria Furlan per Cisl e Carmelo Barbagallo per Uil.
Il premier ha spiegato che cuneo e Irpef sono solo il primo pezzo di un “progetto di riforma complessiva del sistema fiscale “, che ha definito “fondamentale per semplificare il nostro sistema tributario e ridurre il carico fiscale sulle famiglie, i lavoratori e i pensionati”. Il punto è cruciale, non solo perché tocca le corde giuste del mondo sindacale, ma perché è una risposta a quella “certa propaganda” (vedi alla voce Matteo Salvini) che ha sostenuto fossero troppe poche le risorse: “Questa misura è la prova che la nostra manovra riduce davvero le tasse per famiglie e lavoratori”.
Conte ribadisce la volontà di rilanciare la stagione del dialogo su lavoro, crescita e fisco e che a breve si apriranno tavoli anche su investimenti, Pubblica amministrazione e Sud: “L’obiettivo è restituire sicurezza economica ai lavoratori e alle famiglie, rendendo più equo il sistema tributario”. Tocca invece a Gualtieri spiegare i dettagli, anche quelli politici. Il responsabile del Mef, infatti, assicura che le misure su cui si è aperto il confronto sono “un primo passo”, su cui peraltro “c’è ampio consenso nella maggioranza e con i sindacati”. Risultato nient’affatto scontato, viste le turbolenze nella coalizione. Il ministro dell’Economia si dice “fiducioso” che il decreto possa essere pronto per fine mese, mentre l’obiettivo per la legge delega resta aprile. Le norme, invece, partiranno dal prossimo 1 luglio.
Altri tavoli, invece, si apriranno su temi caldissimi come gli incapienti. Proprio come chiedono a gran voce i sindacati. “Credo sia una giornata importante, perché dopo tanti anni c’è un provvedimento che aumenta il salario netto di una parte dei lavoratori”, dice Maurizio Landini. Il leader della Cgil è consapevole che il taglio del cuneo è “un primo risultato”, ma “la strada è quella giusta”. Da allargare poi anche ai pensionati. Senza dimenticare la richiesta di defiscalizzazione degli aumenti salariali previsti dai rinnovi dei contratti nazionali, che solo nel 2020 toccheranno la carne viva di circa 12 milioni di lavoratori tra comparto pubblico e privato. Moderatamente soddisfatta anche Furlan, ben consapevole che quella del governo “non è una risposta che potrà soddisfare tutti, ma e un primo passo importante”. Sulla stessa lunghezza d’onda Barbagallo, che non si sbilancia: “Siamo partiti con il piede giusto”. Positivi i commenti dal mondo politico, primo tra tutti quello di Matteo Renzi, che si toglie un altro sassolino dalle scarpe: “Per sei anni ci hanno detto che il Bonus degli 80 euro non serviva a niente, adesso contrordine: si estendono. Bravo Gualtieri”. Un piccolo segno di pace, che può valere molto nella maggioranza.