Israele ha annunciato di avere annullato il controverso progetto di espulsione dei migranti africani e ha firmato un accordo con l’agenzia Onu per i rifugiati per mandare alcuni di loro nei Paesi occidentali. È quanto riferisce l’ufficio del premier israeliano Benjamin Netanyahu. “L’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati e Israele sono arrivati a un accordo che permetterà la partenza di almeno 16.250 migranti africani verso Paesi occidentali, mentre lo Stato di Israele regolarizzerà lo status di quelli che rimarranno”, spiega l’ufficio di Netanyahu.
Il 3 gennaio Netanyahu aveva annunciato un programma in base al quale circa 38mila migranti entrati illegalmente nel Paese, perlopiù eritrei e sudanesi, avrebbero dovuto lasciare il Paese e, in caso di rifiuto, avrebbero rischiato il carcere. Dal 4 febbraio le autorità avevano cominciato a notificare ai migranti, tramite lettere, che avevano tempo fino alla fine di marzo per lasciare volontariamente Israele. Dal momento che Israele riconosceva tacitamente che era troppo pericoloso rimpatriare sudanesi ed eritrei nei loro Paesi di origine, aveva offerto di ricollocarli in altri Paesi africani, secondo i cooperanti Paesi come Ruanda e Uganda. Dalla comunicazione di oggi, emerge che non c’è più alcuna necessità di inviare i migranti in Paesi terzi come appunto Ruanda e Uganda.
Secondo i dati del ministero dell’Interno, attualmente vivono in Israele circa 42mila migranti, la metà dei quali bambini, donne o uomini con famiglie, che non rischiano però rimpatri a breve. Il piano aveva attirato le critiche dell’Unhcr, come pure degli attivisti per i diritti umani. La presenza dei migranti in Israele è una questione politica, con Netanyahu che si riferisce a loro come “non rifugiati ma infiltrati illegali”.