“Il problema non è la plastica. È quale uso ne facciamo“. Il monito arriva dal capo della sezione Ambiente dell’Onu, Erik Solheim, in un rapporto delle Nazioni Unite che, in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente, sottolinea come quella della lotta alla plastica nei mari sia una sfida di dimensioni “scoraggianti” per l’umanità. Stando agli ultimi dati, circa 5mila miliardi di sacchetti monouso vengono consumati ogni anno in tutto il mondo. Una montagna di plastica di cui solo una piccola percentuale viene riciclata.
Nel documento le Nazioni Unite osservano che, solo nell’ultimo anno, la produzione globale di plastica è stimata in 360 milioni di tonnellate. Secondo le previsioni dovrebbe raddoppiare nei prossimi 10-15 anni. I numeri elencati nel documento fanno tremare: 13 milioni di tonnellate di plastica disperse nell’oceano ogni anno, 17 milioni di barili di petrolio usati annualmente per la produzione di plastica, un milione di bottiglie di plastica acquistate ogni minuto, 100mila animali marini uccisi dalla plastica ogni 12 mesi. Il 50% delle materie plastiche di consumo è monouso. Il 10% di tutti i rifiuti generati dall’uomo è di plastica. “Dagli anni ’50 la produzione di plastica ha superato quella di quasi tutti gli altri materiali. I nostri oceani sono stati utilizzati come discarica, causando il soffocamento della vita marina e trasformando aree marine in ‘zuppa’ di plastica”, avverte Solheim nel rapporto. “In alcune città i rifiuti in plastica intasano le fogne, causando malattie. E se vengono ingeriti dal bestiame, finiscono per farsi strada nella catena alimentare”.
La maggior parte dei rifiuti in plastica è costituita da prodotti monouso: bottiglie, tappi, imballaggi per alimenti, coperchi e cannucce sono solo alcuni degli oggetti citati nel rapporto. Ma sono i sacchetti la prima voce dell’elenco: si stima che circa 5mila miliardi di sacchetti di plastica vengano consumati ogni anno in tutto il mondo, quasi 10 milioni al minuto. “Se fossero legati insieme, raggiungerebbero il diametro del pianeta sette volte ogni ora”, spiegano gli autori. Solo il 9% della plastica prodotta viene riciclata. Un po’ di più, il 12%, è incenerito. Il resto finisce in discariche, oceani, fiumi, dove ci metterà migliaia di anni per decomporsi. Nel frattempo, contamina suolo e acqua con microplastiche, alcune delle quali sono state trovate dagli studiosi anche nel sale da cucina. E le analisi dimostrano che il 90% dell’acqua in bottiglia e l’83% dell’acqua del rubinetto contengono particelle di plastica.
L’Onu accoglie “con favore” l’avvio di una nuova fase di maggiore consapevolezza della portata del problema, rilevando che “oltre 60 Paesi hanno adottato politiche per ridurre l’inquinamento”. Ma questo non è sufficiente, secondo le Nazioni Unite, che chiedono una migliore gestione dei rifiuti, incentivi per incoraggiare i consumatori a cambiare le loro abitudini e fondi per la ricerca di materiali alternativi. “Abbiamo bisogno urgentemente di leadership e interventi da parte dei governi per far fronte alla crescente marea di materie plastiche”, afferma il rapporto. La stessa posizione è stata espressa dalle organizzazioni che fanno parte del movimento ‘Break Free From Plastic’ – che rappresenta più di 1.200 enti in tutto il mondo – che ha chiesto ai governi delle maggiori economie mondiali e alle grandi multinazionali di fare di più per arginare la marea di plastica. I nuovi dati raccolti attraverso le campagne di pulizia dei mari confermano che alcune delle più grandi corporation del mondo, tra cui Coca-Cola, Unilever, Nestlé e Procter & Gamble, contribuiscono in modo determinante al problema. “In tutto il mondo le persone stanno combattendo l’inquinamento a livello di comunità, ma la crisi che stiamo affrontando richiede una regolamentazione completa e un’azione delle società per superare immediatamente le plastiche monouso”, ha dichiarato Graham Forbes, attivista di Greenpeace e responsabile della campagna contro le plastiche della ong.