Da Dostoevskij a Puskin passando per Ulrick Beck e Philip Kotler. E’ un pot-pourri di citazioni e di riferimenti tra loro distanti, il discorso del neo presidente del Consiglio, Giuseppe Conte davanti all’aula del Senato. Senza un apparente filo conduttore il premier, raccogliendo il primo grande applauso di Palazzo Madama, per avvalorare il senso del populismo (una delle ‘accuse’ rivolte al governo giallo-verde) richiama appunto il grande scrittore russo, autore di ‘Delitto e Castigo’, strenuo difensore del ‘popolare’ che tracciò la linea di un vero e proprio movimento rivoluzionario che auspicava l’emancipazione delle masse.
Ma non basta: per evidenziare maggiormente il pensiero, Conte indica proprio lo scritto il cui Dostoevskij parla del poeta russo Puskin che “nel cuore della sua stessa patria, si sente come in esilio”. A nessuno è dato sapere se il riferimento del presidente volesse essere autobiografico.
Poi con grande disinvoltura Conte vola negli Stati Uniti e cita un guru americano del marketing management: Philip Kolter che, secondo il Financial Times, è uno dei quattro luminari del settore assieme a Jack Welch, Bill Gates e Peter Drucker. Prende il pensiero del professore Usa lì dove c’è la necessità di “ripensare al capitalismo”. E rimanendo sullo stesso tema eccolo nominare Ulrich Beck, sociologo e scrittore tedesco morto tre anni fa. Il teorico della “società del rischio” e della “metamorfosi del mondo” viene citato dal premier per sottolineare che “il vero pericolo per un Paese è la minaccia di una non invasione benefica delle imprese straniere”.
Russia, America, capitalismo da ripensare e populismo da sfruttare: nelle citazioni del premier c’è davvero tutto il manifesto programmatico del nuovo governo.