Il 19 luglio 1992 una Fiat 126 rubata con cento chili di tritolo saltò in aria in via D’Amelio a Palermo, all’altezza del civico 21, uccidendo Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. In quel palazzo il magistrato era andato a fare visita alla madre.
Il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, in apertura del Plenum, ha ricordato il 26esimo anniversario della strage, e proprio davanti al Consiglio superiore della magistratura il 31 luglio di 30 anni fa Borsellino era stato convocato dopo le interviste rilasciate a Repubblica e L’Unità, nelle quali denunciava la smobilitazione del pool antimafia di Palermo. Borsellino parlò per oltre quattro ore, condannando l’inadeguatezza dei mezzi di contrasto a Cosa Nostra. Il pomeriggio dello stesso giorno fu ascoltato anche Giovanni Falcone. Quest’ultimo viene ucciso il 23 maggio 1992 nell’attentato di Capaci, 57 giorni giorni prima di Borsellino.
Sulla strage di via D’Amelio pendono ancora pesanti interrogativi, a partire da chi siano stati i mandanti esterni. I boss Salvo Madonia e Vittorio Tutino sono stati condannati dalla Corte d’assise di Caltanissetta all’ergastolo alla fine del processo Borsellino quater, ma rimane ancora un mistero, tra gli altri, la sparizione dell’agenda rossa, dove il magistrato annotava i suoi appunti, dal luogo dell’attentato. Nelle motivazioni della sentenza i giudici parlano di “uno dei più gravi depistaggi della storia”.
Fiammetta Borsellino, a nome anche dei fratelli Manfredi e Lucia, è tornata a lanciare un appello per la verità. Mentre l’Anm promette che “l’inestimabile patrimonio che ci ha lasciato Paolo Borsellino non sarà disperso” e le istituzioni ricordano, come ogni anno, le vittime di via D’Amelio, i componenti M5S in commissione Antimafia della scorsa legislatura, Sarti, Gaetti, Dadone e D’Uva, ammettono che “pur avendo svolto tantissime audizioni e acquisito materiale e documentazione utile”, non si è arrivati a una relazione finale esaustiva; il materiale, propongono, potrebbe allora costituire un punto di partenza per una commissione d’inchiesta sulle stragi a livello parlamentare.