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Mes, Conte strappa tregua a Pd e M5S. No tifoserie, decido alla fine

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La quiete (o almeno un tentativo) dopo la tempesta. Quando sul Mes la tensione tra Pd e M5S rischia di andare oltre i livelli di guardia e le accuse dei Dem arrivano a coinvolgere anche la strategia usata dal premier – pesa il ‘no’ a prescindere andato in scena a reti unificate dopo l’eurogruppo – è Giuseppe Conte in persona a lavorare per portare a casa una tregua all’interno della maggioranza. Il Capo del Governo chiama in conference call i capidelegazione Dario Franceschini e Alfonso Bonafede e strappa loro una moratoria sulle polemiche.

Le posizioni, sia chiaro, restano distanti. Il premier però invita tutti ad abbassare i toni ed evitare di spaccare il Paese su un dibattito che considera ancora puramente “astratto”. Il tira e molla sulle condizionalità previste o meno dal ‘nuovo’ Mes, sentenzia in serata Conte in un lungo post su Facebook, “rischia di dividere l’intera Italia secondo opposte tifoserie e rigide contrapposizioni”.

Per il capo del Governo non è ancora il tempo di prendere una decisione. Se all’Italia converrà o meno utilizzare i circa 36 miliardi per le spese sanitarie dipenderà dall’esistenza di meno di condizionalità per accedere alla linea di credito. “Discutere adesso se vi saranno o meno altre condizioni oltre a quelle delle spese sanitarie e valutare adesso se all’Italia converrà o meno attivare questa nuova linea di credito significa logorarsi in un dibattito meramente astratto e schematico”, sentenzia l’inquilino di palazzo Chigi che prende un impegno “da Presidente del Consiglio e da avvocato”. “Prima di dire se un finanziamento conviene o meno al mio Paese voglio prima battermi perché non abbia, in linea di principio, condizioni vessatorie di alcun tipo. Dopodiché voglio leggere e studiare con attenzione il regolamento contrattuale che condiziona l’erogazione delle somme. Solo allora – chiarisce – mi sentirò sicuro di poter esprimere, agli occhi del Paese, una valutazione compiuta e avveduta”.

L’invito viene prontamente raccolto sia dai Dem che dai pentastellati.

Franceschini giudica “ragionevoli e condivisibili” le parole del premier. “Non è il tempo di posizioni pregiudiziali ma occorre sostenere la posizione italiana su mezzi e risorse della Ue per affrontare l’emergenza. Tra questi verificheremo se ci sarà la conferma di uno strumento, Mes o come verrà chiamato – è la sottolineatura del capodelegazione Dem – senza condizionalità per affrontare la spesa sanitaria. Ora si può utilmente chiudere questa discussione interna e aspettare le conclusioni del Consiglio Europeo”.

Ribadisce “piena fiducia” in Conte, Bonafede. Il Guardasigilli (e con lui anche Luigi Di Maio) insiste sulla necessità di un “lavoro di squadra” in modo da arrivare “compatti” al prossimo Consiglio europeo del 23 aprile, concedendo tempo al presidente del Consiglio pur non intendendo cedere sul Mes.

Conte rivolge un messaggio anche alle opposizioni. La discussione, assicura, verrà fatta in modo “trasparente” e “l’ultima parola spetterà al Parlamento”. Matteo Salvini e Giorgia Meloni sono sul piede di guerra perché martedì prossimo, alla vigilia del vertice di Bruxelles, il premier farà nell’aula della Camera una ‘semplice’ informativa urgente, che non prevede alcun voto. “Venga in Aula e accetti un voto parlamentare in cui ciascun partito e ciascun parlamentare possano assumersi la loro responsabilità di fronte agli italiani e di fronte alla storia perché altrimenti, sì, si preferisce lavorare con il favore delle tenebre”, tuona la leader di FdI. “Ma come, Conte non aveva detto in diretta su tutte le tivù che non avrebbe mai usato il Mes? Se ha cambiato idea come pare – accusa il leader della Lega – è necessario, giusto, doveroso e trasparente che ci sia un voto in Aula”. L’ex vicepremier torna a chiamare in causa la presidenza della Repubblica. “Siamo ancora una Repubblica o siamo ritornati una monarchia? Al Quirinale pare tutto normale? La Lega non permetterà che si usi l’emergenza Virus per svendere l’Italia ad interessi stranieri”. Salvini non risparmia nemmeno l’alleato Silvio Berlusconi, che si è detto invece favorevole all’utilizzo dei 36 miliardi per le spese sanitarie: “Cav come Prodi e Bersani”, dice. Non volendo certo fare un complimento al leader di FI.

Se la tregua siglata all’interno della maggioranza reggerà, lo si capirà dai prossimi giorni. Pd e M5S restano sul chi va là anche per quel che riguarda il ruolo di Vittorio Colao e della sua task force.

“Abbia un ruolo centrale”, avverte Nicola Zingaretti che sottolinea il carattere ‘terzo’ della commissione. I dem sono intenzionati a togliere il discorso della riapertura del Paese dal gioco politico.

Ecco perché bocciano l’idea di chi vuole che il manager bresciano diventi ministro. “Intanto se tocchi una casella crolla tutto il Governo – ragionano i dem – e poi deve rimanere una figura terza, indipendente da Conte e al di fuori del gioco politico”.

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