Condizioni insostenibili, dal punto di vista fisico e psicologico. È quanto stanno affrontando i 64 migranti salvati dalla Alan Kurdi, che da sei giorni è in mare in attesa di un porto sicuro dove sbarcare. A denunciarlo è la ong tedesca Sea-Eye.
“A causa del ritardo nello sbarco, – ha dichiarato Carlotta Weibl, portavoce di Sea-Eye, all’assemblea di Mediterranea – parte delle persone salavate deve dormire all’aperto sul ponte della nave ed è esposta al vento, alle onde e al freddo. Si avvicina una tempesta che metterà in grave pericolo le persone a bordo. La maggior parte delle persone soccorse è in condizioni fisiche fragili dopo la fuga e le condizioni estreme nei campi di detenzione libici. Molti soffrono il mal di mare, il che li debilita ancora di più. Oltre alle condizioni fisiche, preoccupa anche lo stato psicologico di molte persone. Abbiamo a bordo una donna che è stata venduta, ha dovuto lavorare in un bordello ed è stata torturata quando si è rifiutata. Questa donna ha bisogno di un immediato sostegno psicologico e non dovrebbe essere sottoposta a ulteriore stress dovuto dal ritardo nello sbarco”.
“Subito dopo il salvataggio del 3 aprile, – ha continuato la portavoce – Sea-Eye ha richiesto il supporto diplomatico del Ministero degli Esteri federale tedesco, dato che la Alan Kurdi batte bandiera tedesca. Da allora siamo in stretto contatto con il nostro stato di bandiera. Il Ministero federale degli affari esteri ha chiesto alla Commissione europea di mediare e trovare una soluzione alla nostra situazione”. Poi Weibl denuncia: “Nei recenti casi di salvataggio, lo sbarco è diventato subordinato al raggiungimento di accordi politici tra gli stati membri dell’UE. Persino l’evacuazione umanitaria di persone particolarmente vulnerabili a bordo è stata subordinata al raggiungimento di un accordo. Denunciamo con forza questo approccio e chiediamo all’Italia di applicare ai rifugiati e ai migranti gli stessi diritti umani garantiti ai cittadini europei. Queste persone sono ‘naufraghi’ e non dovrebbero essere trattate diversamente, non dovrebbero essere classificate in base al loro status giuridico come ‘migranti’: in mare non c’è migrante, banchiere o idraulico: ci sono solo persone”.
Attualmente la Alan Kurdi si trova in acque internazionali al largo di Malta e sono in attesa di ulteriori istruzioni. “Le scorte di cibo e acqua – ha denunciato Weibl – si esauriranno a breve e la situazione medica potrebbe deteriorarsi rapidamente una volta che la tempesta prevista arriverà. Esortiamo pertanto gli Stati membri europei ad agire in nome dell’umanità e nel rispetto dei diritti umani”. “Gli accordi ad hoc – ha detto – non sono un approccio sostenibile e non possono essere stipulati sulla pelle di 64 persone che sono appena scampate alla morte e all’annegamento. Il salvataggio delle persone in difficoltà dovrebbe essere effettuato indipendentemente dalle agende politiche dei singoli Stati. Tuttavia sembra che la soluzione alla nostra situazione possa essere solo politica. Siamo diventati dipendenti dai negoziati tra gli Stati membri dell’Unione europea e ciò rappresenta una inaccettabile distorsione e violazione del diritto applicabile alle operazioni SAR”.
E a chi contesta il salvataggio la portavoce ha detto: “Sessantaquattro persone, sommate ai 17 membri dell’equipaggio, superano la capacità di trasporto della Alan Kurdi. Tuttavia, chiunque è più al sicuro sulla nostra nave che su un gommone che affonda. Da un punto di vista legale non può esserci alcuna discussione sul nostro obbligo al salvataggio”.