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Morra: “M5S sia protagonista, non farci schiacciare in ruoli da comprimari”

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Per tornare in alto ‘il Movimento deve fare il Movimento’. Parola di Nicola Morra, presidente della commissione parlamentare Antimafia, senatore e veterano del M5S, ai microfoni di #PoliticaPresse, il format di approfondimento di LaPresse. ‘Noi siamo trasparenza, condivisione con chi vive un momento di difficoltà e soprattutto razionalità che si coniuga con l’emotività – spiega -. Dobbiamo essere empatia, ispirare fiducia a pelle con chi è in difficoltà, perché la nostra società’.

Presidente, il Cinquestelle vive un momento di flessione e riflessione, cosa pensa che dobbiate fare per invertire la rotta? Dobbiamo essere noi a recitare un ruolo da protagonista e non da comprimari. Anche richiamando i primissimi articoli della Carta costituzionale, in particolare i primi 3, potremo tornare a recitare un ruolo che ci è stato riconosciuto nel 2018 e che non possiamo demandare ad altri. Dobbiamo essere noi ad avere il coraggio di recitare da protagonisti, senza farci schiacciare in ruoli da comprimari che non ci spettano.

Presidente, c’è un settore in cui l’Italia può fare scuola in Europa, e non solo. Anzi, potremmo comminare noi ‘procedure di infrazione’ agli altri Paesi, ed è quello del contrasto alle mafie e al terrorismo. Lunedì e martedì scorsi siamo stati in Olanda a far visita ad Eurojust, l’agenzia della Commissione Ue che potrebbe consentire quel benedetto-maledetto coordinamento fra Paesi europei per contrastare le criminalità organizzate, soprattutto sul versante dei reati economico-finanziari. Con l’apertura dei mercati, in particolar modo del mercato dei capitali, le mafie, che tutto sono tranne che ‘fesse’, hanno capito che è fondamentale poter trasferire capitali e patrimoni dove possono fruttare al meglio. Tutto questo doveva permettere agli Stati nazionali di realizzare delle strutture di contrasto e prevenzione decisamente più efficaci. Oggi, con qualche difficoltà, ci stiamo riuscendo. Abbiamo ragionato, ad esempio, di squadre investigative comune, di coordinamento, anche per la stessa commissione Antimafia, perché tante inchieste hanno ormai dimensione transnazionale e transcontinentale. Ormai ci dobbiamo mettere in testa che le mafie hanno una dimensione imprenditoriale che non ha nulla da invidiare alle grandi corporation, alle multinazionali.

A questo proposito, sul decreto Sblocca cantieri c’è stata grande attenzione, soprattutto per le polemiche, anche del M5S, conseguenti alla proposta della Lega di sospendere il Codice degli appalti, per velocizzare le grandi opere. L’accordo di maggioranza prevede ulteriori cambiamenti o hanno ragione i critici a dire che queste modifiche allenteranno pericolosamente le maglie dei controlli? L’idea, che anche io appoggio, è quella per cui la norma deve assecondare ciò che lecito e non deve ostacolare ciò che nasce sano. Purtroppo abbiamo da scontare tutto questo a fronte di una burocrazia che impieghi tempi notevoli per rilasciare una certificazione, che comunque è necessaria. Lo spirito con cui si è realizzato questo accordo è volto a favorire, in temi assolutamente contenuti, quindi decisamente controllabili, la possibilità di far partire al più presto cantieri. Anche se non saranno quelli decisivi per far ripartire il benedetto Pil italiano. Poi, noi siamo quelli che monitoreranno, pertanto, qualora dovessero emergere, contro le nostre previsioni, situazioni fattualmente negative, avremo anche il coraggio, con umiltà, di riconoscere eventuali errori per correggerli. Però siamo convinti che questi piccoli aggiustamenti possono andare incontro ad alcune esigenze, anche limitate. Se n’è fatto un caso nazionale, quando al contrario era questione di ben poco conto. È importante, però, che qualunque soglia si stabilisca, qualunque modello per conferire incarichi vengano decisi, siano già all’opera per evadere la norma, noi dobbiamo essere all’opera per alzare sempre di più l’asticella.

Dal suo osservatorio, anche se politico, la lotta dell’Italia contro la criminalità organizzata? La lotta deve essere ancora intensamente combattuto, perché nel corso dei decenni, alcune forze politiche e sociali hanno concesso che le criminalità organizzate, soprattutto di stampo mafioso, prendessero il sopravvento su alcune parti consistenti del terriotrio dello Stato. Ricordo che Giovanni Falcone insegnava che mafia e Stato sono due poteri che si contrastano nell’azione di controllo del territorio. Purtroppo oggi scontiamo anche una crisi di credibilità delle istituzioni. Non è il caso dell’Arma dei Carabinieri, anche se alcuni casi recenti hanno minato questa fiducia, ma il comportamento dell’Arma, e in particolare del generale Giovanni Nistri, che ha deciso per il caso Cucchi, di sgomberare il campo di da equivoci di qualsivoglia sorta, ha permesso un recupero che è fondamentale. Queste sono anche le ore in cui tutta Italia segue con attenzione le vicende relative alle pressioni e agli incontri che si sono fatti per dirottare, per dirigere le nomine le nomine in alcune Procure assai importanti. Da cittadino, prima ancora che da presidente della commissione Antimafia, tutto questo mi rattrista, perché quando penso che chi è chiamato a far giustizia tutto fa tranne che quello, qualche perplessità, per usare un eufemismo, ce l’ho.

Per chi ha eletto legalità e dell’onestà a proprie bandiere, come il M5S, che effetto fa leggere le rivelazioni su alcuni magistrati, dell’inchiesta sulle nomine in alcune Procure italiane? È purtroppo triste constatare come molti dei soggetti coinvolti nello scandalo Csm siano calabresi.

Lei è nato a Genova, ha studiato a Roma, eppure ha scelto di vivere e impostare la sua vita, professionale e non, al Sud. Eppure poteva scegliere qualsiasi altro luogo. Dobbiamo prendere coscienza che esiste una questione meridionale, che si incrocia con una questione demografico-giovanile tutt’ora irrisolta. Al Sud siamo a rischio di desertificazione antropica e produttiva. Nel corso degli ultimi 15 anni sono scappati, andati via dall’Italia meridionale soprattutto giovani scolarizzati e con notevoli competenze acquisite attraverso studi importanti, fatti con costi sociali e famigliari notevolissimi. Qualunque tessuto sano impedirebbe questa trasmigrazione di cervelli. Noi siamo nati, e lo dico da umile soldato che vuole fare le rivoluzioni insieme a tanti altri, affinché cambino le mentalità. Dobbiamo tornare a studiare, ad essere umili e alla ricerca di convergenze con chiunque volesse trovare la strada per ‘uscire dal buio’. Insieme ce la possiamo fare, a partire dal sud.

Tornando al M5S, a sei anni dalla vostra entrata in Parlamento, pensa che alla fine il Movimento sia finito in uno schema precostituito? La nostra entrata nel 2013 destò scandalo, perché non si pensava che una forza nata dal nulla, con l’ironia di qualcuno che sfidava Beppe Grillo a fondarsi un proprio partito ‘e vediamo cosa farà’. Non si pensava che potesse dare un segnale forte, invece ora da un’inchiesta condotta a sud di Roma, sul litorale tirrenico, sono venute fuori delle cose ‘divertenti’ a carico di alcuni politici di area Pd. E per la prima volta la segreteria del Partito democratico è intervenuta espellendo questi soggetti. Questa, per me, è la conseguenza della rivoluzione che dei cittadini, magari sprovvisti delle necessarie competenze, ha potuto produrre. Se anche altri imitano le nostre scelte, allora non sono poi così sciocche. Devo dire che questa volta Zingaretti è intervenuto positivamente.

Quindi ora un dialogo con i dem è possibile? Io sono abituato ad ascoltare e dialogare con tutti, però pongo delle condizioni pregiudiziali, nel senso che bisogna avere il coraggio di riconoscere l’altro e mettere al centro l’idea che la politica sia servizio e non professione, che sia dedizione e non privilegio. Se questo dovesse essere, io sono pronto a dialogare con chichessia.

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