Gianni Mura aveva 74 anni, è morto stamattina a Senigallia, in ospedale, dove era stato ricoverato nei giorni scorsi a causa di un infarto. Mura è stato uno dei più grandi giornalisti sportivi del mondo, aveva cominciato alla Gazzetta dello Sport nel 1964 e dal 1976 era una firma prestigiosa di Repubblica. Le sue passioni erano il calcio, il ciclismo (memorabili i suoi racconti sul Tour de France) e la musica. Ha scritto pagine indimenticabili di sport e alcuni romanzi. Il primo, ‘Giallo su giallo’, nel 2007, ha vinto il premio Grinzane Cavour. Milanese di origini sarde, lascia la moglie Paola.
Non era un compagnone, Gianni Mura. Stava spesso in disparte, non faceva branco e, soprattutto negli ultimi anni, aveva la capacità, quasi in dovere morale, di estraniarsi dalle consuetudini e di guardare le cose e le persone dall’alto. Un punto di osservazione per pochi, assolutamente. Riservato e abbastanza schivo, sì, ma anche capace di godersi la vita: nelle trasferte, terminato il lavoro, spesso si ritrovava con i soliti colleghi a giocare a carte, sigaretta in bocca, sguardo diretto e asciutto, zero voglia di parlare di pallone o di ciclismo, incline semmai a chiacchierare di ristoranti, di formaggi, di vino. Per noi giovani cronisti, Gianni è sempre stato lontano e irraggiungibile, un punto di riferimento mai trascurabile del giorno dopo. Il “vediamo cosa ha scritto Mura” era un rituale doveroso e severo. Doveroso perché non si poteva farne a meno, severo perché era sempre più bravo. Il più bravo. Anche quando, ormai lontano dalle trasferte, dagli stadi, dai mischioni mediatici, si dilettava a dare le pagelle nella tua rubrica domenicale ‘Sette giorni di cattivi pensieri’, su Repubblica.
Mura era e resterà per sempre Mura. Un’altra categoria di giornalista e lo diciamo senza retorica anche se, di solito, chi lascia questo mondo è sempre una brava persona, un bravo ragazzo, un bravo collega. Mura lo era davvero, diversamente abile. Un fuoriclasse. Il migliore. Credo che sia stato l’ultimo ad abbandonare la macchina da scrivere per il pc, non senza rumorose ritrosie. Ci fermiamo qui perché, conoscendolo, immaginiamo che non sarebbe felice di leggere – ovunque adesso sia e stia – coccodrilli troppo mielosi, lui che era l’esatto opposto della melensaggine.
Buon viaggio, Gianni. E che ti sia lieve la terra, come scrivesti dinnanzi alla morte improvvisa e violenta di Brera. Un altro Gianni, un altro grande, come te.