“Non siamo contrari al fatto che il cittadino possa portare i sacchetti da casa, a patto che siano monouso e idonei per gli alimenti”. A spiegare la posizione ufficiale del Ministero salute sul ‘caso’ dei sacchetti bio per frutta e verdura è Giuseppe Ruocco, segretario generale del dicastero guidato da Beatrice Lorenzin.
La questione dei sacchetti continua a suscitare dibattito in rete. Ecco un riassunto per punti
1) La legge (
nella conversione in legge del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91) prevede l’utilizzo dei sacchetti biodegradabili per alimenti e dice che “non possono essere distribuite a titolo gratuito”.
2) La norma dipende da una direttiva europea che invita i Paesi Ue a ridurre l’enorme quantità di sacchetti di plastica (10 miliardi all’anno in Europa) che vengono immessi con gravi danni nell’ambiente.
3) La questione non riguarda tanto se sia giusto o meno usare i sacchetti biodegradabili al posto della plastica non biodegradabile, ma le modalità decise dal Ministero.
4) In particolare la polemica insiste sull’obbligo di pagarli (da 1 a 5 centesimi oltre il valore della merce) e sul divieto di acquistarli per conto proprio e portarseli da casa.
5) Ci si chiede perché i commercianti non possano continuare a darli gratuitamente come facevano prima con quelli di plastica. Il motivo (trasparenza) non sembra trovare accoglienza nei consumatori. Molti hanno cominciato a farsi prezzare arance, cipolle e zucchine a una a una per non pagare il sacchetto. Lo stesso Codacons ha minacciato questo tipo di protesta.
6) Le associazioni di consumatori (Codacons e Unione Nazionale Consumatori) hanno valutato fino a 50 euro all’anno la spesa per famiglia per i sacchetti biodegradabili. E qualcuno ha parlato di “tassa occulta”. L’Assobioplastica (Associazione dei produttori dei sacchetti) ha risposto che si tratta, al massimo di 4,5 euro a persona. In generale, i consumatori chiedono la possibilità di portarsi i sacchetti da casa e quella di permettere ai commercianti di dare i sacchetti a titolo gratuito.
7) In rete c’è molta discussione e circolano anche evidenti “bufale” come quella secondo la quale i sacchetti sarebbero prodotti da un’unica ditta (la Novamont) che fa capo a Catisa Bastioli che sarebbe una sostenitrice di Renzi. Sul punto ha risposto Legambiente dicendo che non esiste il monopolio Novamont perché in Italia (la bioplastica Mater-Bi è stata inventata da noi) ci sono diverse aziende che la producono e la commercializzano in tutto il mondo.
8) La stessa Legambiente dice che la questione dei sacchetti monouso si può facilmente superare semplicemente con una circolare ministeriale che permetta in modo chiaro, a chi vende frutta e verdura, di far usare sacchetti riutilizzabili, come ad esempio le retine, pratica già in uso nel nord Europa. O anche, dice l’Unione Nazionale Consumatori, i sacchetti biodegradabili, in quanto compostabili, potrebbero essere riutilizzati dai consumatori per la raccolta differenziata dei rifiuti.
9) Sempre Legambiente ricorda che:
“Da sempre i cittadini pagano in modo invisibile gli imballaggi che acquistano con i prodotti alimentari ogni giorno. Nessun produttore o nessuna azienda della grande distribuzione ha mai fatto ovviamente e naturalmente beneficenza nei confronti dei consumatori. Unica differenza, è che questa volta il costo è visibile, perché l’obiettivo della norma è aumentare la consapevolezza dei consumatori su un manufatto che se gestito non correttamente può causare un notevole impatto ambientale”.
10) In conclusione, il chiarimento del ministero a proposito dei sacchetti che si potranno portare da casa, sembra risolvere almeno una parte del problema.