Una perizia stabilirà la capacità di intendere e di volere di Manuel Foffo al momento dell’omicidio di Luca Varani. Lo hanno stabilito i giudici della prima Corte d’assise d’appello di Roma, presieduta da Andrea Calabria con Giancarlo De Cataldo, nella prima udienza del processo di secondo grado sulla morte del 23enne ucciso la mattina del 4 marzo 2016 in un appartamento alla periferia est di Roma, in via Igino Giordani. In aula era presente Manuel Foffo, condannato in primo grado a trent’anni di detenzione con rito abbreviato il 21 febbraio scorso.
“La lucidità di Foffo al momento del delitto è indubbia: non serve perizia, è un omicidio mostruoso, preceduto da un sequestro di persona”, ha commentato Giuseppe Varani, padre di Luca. “Hanno messo mio figlio in condizione di non fuggire, drogandolo contro la sua volontà” ha detto l’uomo, visibilmente scosso, lasciando piazzale Clodio dopo l’udienza. “E poi lo hanno massacrato. Quello che hanno fatto a Luca è stata una mostruosità che avevano progettato. La premeditazione c’è, la legge va applicata, e questo è un caso da ergastolo”. In aula era presente anche la madre della vittima, Silvana, che non ha voluto rilasciare dichiarazioni. I genitori e la fidanzata di Luca si sono costituiti parte civile nel processo.
Nella vicenda era coinvolto anche Marco Prato, morto suicida nel carcere di Velletri, il 20 giugno scorso prima che terminasse il processo a suo carico. La vittima venne colpita un centinaio di volte con martello e coltelli: prima un colpo alla testa, con il quale il giovane dopo esser stato drogato, fu stordito. Poi il massacro: secondo il referto dell’autopsia gli assassini si accanirono con le martellate su testa e bocca del giovane. Poi tentarono di strangolarlo con una corda di nylon e subito dopo, con almeno due coltelli da cucina, gli tagliarono la gola aprendola completamente senza però ferite letali. Il corpo di Luca presentava almeno trenta ferite, meno profonde, su petto e testa che gli erano state inferte forse solo per vederlo soffrire. La vittima morì dissanguata, e solo allora, dopo quasi due ore di sevizie, gli assassini smisero di infierire sul suo corpo.
Secondo la ricostruzione fatta in sede di indagini dalla procura di Roma, i due “dopo aver fatto entrambi ripetuto uso di sostanze alcoliche e stupefacenti nei giorni antecedenti l’evento”, la notte del 3 marzo, erano usciti dalla casa di Foffo e avevano “girato in macchina per la vie di Roma alla ricerca di un qualsiasi soggetto da uccidere o comunque da aggredire al solo fine di provocargli sofferenze fisiche e togliergli la vita”. Tornati a casa, all’alba del 4, avevano chiamato Varani invitandolo a recarsi nell’appartamento. Una volta arrivato nell’abitazione, i due lo avevano fatto spogliare per ottenere una prestazione sessuale e gli avevano offerto una bevanda con una dose di psicofarmaco che lo stordiva a tal punto da costringerlo a recarsi in bagno: a quel punto avevano inizio le sevizie conclusesi, due ore dopo, in camera da letto, con la morte del ragazzo.