La vita umana è “sacra” e così dev’essere considerata sempre. Sia quando si difende “l’innocente non nato”, sia quando si ha a che fare con i già nati che tendiamo a scartare: i poveri, gli abbandonati, i malati, i rifugiati. E’ la prima volta che Papa Francesco mette a paragone la bioetica con il welfare in maniera tanto esplicita. Usa la sua nuova esortazione apostolica, ‘Gaudite et exsultate’ sulla santità nel mondo contemporaneo, per ‘bacchettare’ ancora una volta i cattolici ultraconservatori sempre molto impegnati nelle crociate antiabortiste ma che con troppa facilità dimenticano chi è già nato, etichettando l’impegno sociale come “comunista” o “populista”.
“Sacra è la vita dei poveri che sono già nati – scrive il Pontefice nel paragrafo 101 dell’esortazione -, che si dibattono nella miseria, nell’abbandono, nell’esclusione nella tratta delle persone, nell’eutanasia nascosta dei malati e degli anziani privati di cura, nelle nuove forme di schiavitù e in ogni forma di scarto. Non possiamo proporci un ideale di santità che ignori l’ingiustizia di questo mondo, dove alcuni festeggiano, spendono allegramente e riducono la propria vita alle novità del consumo, mentre altri guardano solo da fuori e intanto la loro vita passa e finisce miseramente”.
“Nocivo e ideologico” definisce l’errore di chi vive “diffidando dell’impegno sociale degli altri, considerandolo qualcosa di superficiale, mondano, secolarizzato, immanentista, comunista, populista”. “Si sente spesso dire che, di fronte al relativismo e ai limiti del mondo attuale – fa notare il Santo Padre – sarebbe un tema marginale la situazione dei migranti. Alcuni cattolici affermano che è secondario rispetto ai temi ‘seri’ della bioetica. Che dica cose simili un politico preoccupato per i suoi successi si può comprendere, ma non un cristiano”. E questa impostazione “non è l’invenzione di un Papa o un delirio passeggero”.
Ci sono due modi di agire quando incontriamo una persona che “dorme alle intemperie, in una notte fredda”: “posso sentire che questo fagotto è un imprevisto che mi intralcia, un delinquente ozioso, un ostacolo sul mio cammino, un pungiglione molesto per la mia coscienza, un problema che devono risolvere i politici, e forse anche un’immondizia che sporca lo spazio pubblico” oppure “posso reagire a partire dalla fede e dalla carità e riconoscere in lui un essere umano con la mia stessa dignità”. “Questo è essere cristiani! – esorta il Papa – O si può forse intendere la santità prescindendo da questo riconoscimento vivo della dignità di ogni essere umano?”.
Molti invece sono così impegnati nell’osservare “determinate norme proprie, costumi o stili” da trasformare la Chiesa in un “pezzo da museo” o in un “possedimento per pochi”. “Senza renderci conto – scrive – complichiamo il Vangelo e diventiamo schiavi di uno schema che lascia pochi spiragli perché la grazia agisca”.
Questo atteggiamento altro non è, osserva, che una “forma sottile di pelagianesimo”, perché “sembra sottomettere la vita della grazia a certe strutture umane”. E’ esattamente seguendo questa via che alcuni gruppi, movimenti e comunità cristiani “iniziano con un’intensa vita nello Spirito, ma poi finiscono fossilizzatià o corrotti”.