“Sono felice di essere qui in mezzo a voi, di salutare la Conferenza Episcopale dell’Asia Centrale e di incontrare una Chiesa fatta di tanti volti, storie e tradizioni diverse, tutte unite dall’unica fede in Cristo Gesù. Monsignor Mumbiela Sierra, che ringrazio per le parole di saluto, ha detto: ‘La maggior parte di noi sono stranieri’. È vero, perché provenite da luoghi e Paesi differenti, ma la bellezza della Chiesa è questa: siamo un’unica famiglia, nella quale nessuno è straniero”. Così Papa Francesco nell’incontro in Kazakistan con i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati, i seminaristi e gli operatori pastorali nella Cattedrale Madre di Dio del Perpetuo Soccorso. “Lo ripeto: nessuno è straniero nella Chiesa, siamo un solo Popolo santo di Dio arricchito da tanti popoli! E la forza del nostro popolo sacerdotale e santo sta proprio nel fare della diversità una ricchezza attraverso la condivisione di ciò che siamo e di ciò che abbiamo: la nostra piccolezza si moltiplica se la condividiamo”.
“Abbiamo bisogno di chi ha altri credo”
“Essere piccoli ci ricorda che non siamo autosufficienti: che abbiamo bisogno di Dio, ma anche degli altri, di tutti gli altri, delle sorelle e dei fratelli di altre confessioni, di chi confessa credo religiosi diversi dal nostro, di tutti gli uomini e le donne animati da buona volontà. Ci accorgiamo, in spirito di umiltà, che solo insieme, nel dialogo e nell’accoglienza reciproca, possiamo davvero realizzare qualcosa di buono per tutti”.
“Fede trasmessa in dialetto”
“Non si comunica solo con la ripetizione delle cose di sempre, ma trasmettendo la novità del Vangelo”. Per questo “a me piace dire che la fede va trasmessa in dialetto”.
Il ruolo dei vescovi e dei sacerdoti
“Vorrei dirlo in particolare ai vescovi e ai sacerdoti, questa è la nostra missione: non essere amministratori del sacro o gendarmi preoccupati di far rispettare le norme religiose, ma pastori vicini alla gente, icone vive del cuore compassionevole di Cristo”.