La Corte costituzionale ha respinto le censure di incostituzionalità del decreto-legge n. 65 del 2015 in tema di perequazione delle pensioni. E’ quanto rende noto in un comunicato la Consulta. La Corte ha ritenuto che – diversamente dalle disposizioni del ‘Salva Italia’ annullate nel 2015 con tale sentenza – la nuova e temporanea disciplina prevista dal decreto legge n. 65 del 2015 realizzi un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica.
Il cosiddetto ‘bonus Poletti’ venne varato nel 2015 dopo che la Consulta bocciò la norma redatta dall’allora ministra del Lavoro Elsa Fornero che aveva bloccato, dall’anno 2012, la perequazione automatica degli assegni pensionistici con un importo mensile tre volte (o più) maggiore del minimo Inps.
Nel frattempo, in merito all’aumento dell’età pensionabile, il Pd chiede di rivedere le regole e bloccare l’automatismo. “Non tutti i lavori sono uguali. E non tutti i lavoratori hanno la stessa aspettativa di vita per le mansioni che fanno. Le norme volute dal governo Berlusconi e poi modificate dal governo Monti sull’aumento automatico dell’età pensionabile vanno riviste. Per questo serve un rinvio dell’entrata in vigore del meccanismo”, dice del vicesegretario del Pd, Maurizio Martina, che sul punto aggiunge: “I tempi per una discussione parlamentare a partire dalle commissioni preposte ci sono tutti ed io credo sia giusto prendersi tutto lo spazio utile per aggiornare questa decisione anche alla luce di nuove valutazioni”.
Della stessa opinione anche il coordinatore della segreteria del Pd Lorenzo Guerini. “Sull’ipotesi di un meccanismo rigido e automatico dell’aumento dell’età pensionabile mi trovo d’accordo con chi, come la segretaria della Cisl Anna Maria Furlan, ha detto che le regole vanno ripensate. Non tutti i lavori sono eguali e di conseguenza anche l’attesa di vita può cambiare. I tempi ci sono, il rispetto dei conti deve anche tenere in considerazione il rispetto delle persone e della storia della loro vita lavorativa”.
A far riaccendere il dibattito sono state le nuove stime Istat, secondo cui l’aspettativa di vita è aumentata di cinque mesi rispetto al 2013 e di conseguenza anche l’asticella dell’età pensionabile rischia di dover salire. In abse alla riforma Fornero, stando a questa stima, dal 2019 si andrà in pensione a 67 anni tondi e non più a 66 anni e sette mesi come succede oggi.