La responsabilità genitoriale della madre non biologica sorge per effetto della prestazione del consenso alla procreazione assistita eterologa. È quanto ha affermato il Tribunale di Pistoia in una sentenza, depositata giovedì 5 luglio, con cui ha riconosciuto per la prima volta l’applicabilità degli articoli 8 e 9 della legge 40/2004 (quella sulla fecondazione assistita) in una coppia omogenitoriale, ordinando la creazione di un atto di nascita con il riconoscimento di due madri. Il ricorso era stato promosso dagli avvocati di Rete Lenford e Famiglie Arcobaleno contro il rifiuto opposto dal sindaco alla richiesta di due madri di registrare la nascita del figlio avuto a seguito di ricorso all’estero a tecniche di fecondazione medicalmente assistita. Le due donne, assistite dagli avvocati Federica Tempori e Vincenzo Miri di Rete Lenford, avevano chiesto al Tribunale di dichiarare illegittimo il rifiuto dell’ufficiale di stato civile, sostenendo l’applicabilità dell’art.8 della legge 40/2004 anche ai bambini nati in Italia, ma concepiti all’estero con tecniche di PMA da una coppia di donne
Secondo il giudice del tribunale di Pistoia “il diritto alla genitorialità, e ancor più alla bigenitorialità, è un diritto prima di tutto del minore ad instaurare relazioni affettive stabili con entrambi i genitori, sia quando lo stesso sia stato concepito biologicamente che a mezzo delle tecniche mediche di cui alla PMA”, dunque “Il figlio voluto dalla coppia omosessuale attraverso il ricorso alla PMA deve trovare tutela anche sotto il profilo giuridico”. In questo contesto, secondo il giudice, va “ormai abbandonato un concetto di filiazione basato sul solo dato biologico e genetico, aprendo invece l’orizzonte a criteri di attribuzione dello status filiationis che poggiano sulla manifestazione del consenso così come disciplinata dall’art. 6 L. 40/2004”. Consenso che “rappresenta l’assunzione consapevole ed irrevocabile della responsabilità genitoriale da parte di entrambi i componenti della coppia e costituisce il fulcro del riconoscimento dello stato giuridico del nato e del concetto di genitorialità legale, come contrapposta alla genitorialità biologica”.
Nella sentenza, il giudice afferma inoltre che “un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 8 L. 40/2004 porta, dunque, ad affermare che i bimbi nati in Italia a seguito di tecniche di PMA eseguite all’estero sono figli della coppia di donne che hanno prestato il consenso manifestando inequivocabilmente di voler assumere la responsabilità genitoriale sul nascituro quale frutto di un progetto di vita comune con il partner e di realizzazione di una famiglia” e che “in questo solco si collocano anche numerose prese di posizione da parte di Ufficiali di stato civile che stanno registrando la nascita in Italia di bambini di coppie di donne (cfr. da ultimo i Comuni di Torino, Milano e Sesto Fiorentino)”.
Soddisfatta la presidente di Rete Lenford, avvocato Miryam Camilleri: “Il lavoro di questi mesi che ha visto impegnati una Rete di professionisti, avvocati e giuristi, svolto a fianco delle Amministrazioni per ottenere il riconoscimento della genitorialià – commenta Camilleri -, si basa su argomentazioni giuridiche solide e ritenute legittime dai giudici di Pistoia: la tutela del superiore interesse del minore a instaurare relazioni affettive stabili con entrambi i genitori a prescindere dal loro orientamento sessuale, il riconoscimento che anche per le coppie dello stesso sesso, la filiazione può nascere dal consenso consapevole e irrevocabile ad assumere la responsabilità genitoriale sul figlio, come già previsto per le coppie eterosessuali dalla stessa legge 40. Questo è un importante successo per tutti i genitori già ‘riconosciuti’ ma anche per quelli ancora in attesa di riposta. Auspichiamo che per questi ultimi la strada giudiziale non sia necessaria”.