“Un contratto scritto con l’inchiostro simpatico” dice Matteo Renzi intervenendo al Senato nel dibattito sulla fiducia per annunciare il “no” del Pd al governo Conte. Lo fa usando toni soft: “Il presidente del consiglio dei ministri non avrà la nostra fiducia ma avrà sempre il nostro rispetto. Lei con il giuramento è anche il nostro premier, e noi la rispetteremo in questa aula e fuori da questa aula”. E poi, voltandosi verso il suo gruppo: “Questo contratto noi dobbiamo conoscerlo bene. Non serve farci sopra dell’ironia, serve verificare se faranno tutte le cose che ci sono scritte. Se le faranno avranno successo, altrimenti…”.
“Lei è un premier non eletto, potrei dire un collega, ma nessuno le sta negando la legittimità perché non ce n’è motivo”. E’ l’altra premessa “gentile” di Renzi. Ma poi, da lì in avanti, il senatore toscano ci va giù pesante. Partendo, come era prevedibile, dal costo delle promesse del contratto M5S-Lega: “La Flat Tax costa 60 miliardi, cambiare la Fornero ne costa 12 o, nella peggiore delle ipotesi, 20. Dove troverete questi soldi? Sforbiciando le pensioni d’oro e tagliando i vitalizi, potrete recuperare un centinaio di milioni. Bene. Ma il resto?”. E la sintesi: “Non avete più alibi rispetto a ciò che c’è da fare e noi non vi faremo sconti”.
E Renzi ha affrontato anche un tema delicato della politica. A proposito di chi ha già dato per scontato che Lega e M5S saranno i due poli del futuro: “Noi, invece pensiamo che in quei banchi ci sia la coalizione di domani. Noi siamo un’altra cosa. Siete diversi, ma avete lo stesso metodo di violenza verbale. Anche noi – spiega – potremmo farvi lo screening, ma non lo facciamo perché noi siamo un’altra cosa”. E, poi, riferendosi a Di Maio e a Salvini:
“Lo Stato siamo noi? Lei non è lo Stato, vicepresidente, voi siete il potere, l’establishment”.
Poi, rivolgendosi a Salvini: “Non mi stupisce che Salvini abbia deciso di partire dall’immigrazione, ma mi stupisce che abbia detto ‘la pacchia è finita’. Io penso che non sia finita la pacchia per chi attraversa il deserto e rischia di morire in mare. Io voglio che risuoni il nome di Mor e Modou, uccisi da un italiano razzista a Firenze. Stia attento, Salvini, perché non è più solo un leader politico: è vicepresidente del Consiglio. Al ministro dell’Interno parlo da padre a padre: ora è responsabile della sicurezza di tutti noi, parli da padre sapendo che i figli ci ascoltano. Non possiamo permetterci di creare crisi diplomatiche”.