“Io l’ho ascoltato il numero 1, ora me ne vado. Tanto prima o poi torna…”. La profezia del pensionato romagnolo è il pensiero con cui Matteo Renzi lascia la sala Aldo Moro dopo quasi due ore di comizio alla festa nazionale dell’unità a Ravenna.
L’ex segretario è stato accolto da migliaia di militanti (tremila, dicono gli organizzatori) con un’ovazione e poi selfie, abbracci, strette di mano tra gli stand con i volontari, tra un morso di piadina e un fritto. A guardare la scena sembrava di aver riportato indietro le lancette dell’orologio. Invece no. E Renzi ce l’ha ben presente, tanto che dedica l’80 per cento del suo intervento ad attaccare governo e maggioranza. “Sono una classe dirigente di scappati di casa”, tuona contro il nemico grillino, il suo preferito. E cita l’ex Iena Giarrusso ‘ripescato’ dal ministro dell’Istruzione, il capo della comunicazione preso dai talent tv e il premier Conte che “hanno mandato a Chi l’ha visto'”.
Durissimo verso il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli che definisce “un bugiardo” per le affermazioni su Aiscat e le presunte pressioni. “Cari ministri del M5S, sottosegretari, governare non è una favoletta: avete firmato sulla Costituzione, smettete di mentire agli italiani”, tuona e dalla platea parte un boato. E avverte ironico Matteo Salvini forte dei sondaggi contro le sentenze dei magistrati sulla questione fondi della Lega: “Attento che la ruota gira, sono un esperto del settore”. Il messaggio arriva dritto anche alle orecchie dei suoi compagni di partito. “Basta autoanalisi, ora è il momento di fare opposizione”.