“Oggi viene evocata la stagione dell’Ulivo da parte di leader politici che allora stavano contro l’Ulivo. O dall’esterno, in Rifondazione comunista come Giuliano Pisapia. O dall’interno, a cominciare da Massimo D’Alema, che quell’Ulivo contribuì in modo decisivo a segare. In nome dell’unità si pratica la scissione; dall’alto dei salotti si parla di povertà ignorando quale governo abbia finanziato le prime misure sulla povertà educativa e sul reddito di inclusione; ignorando la storia, si vive di amarcord. Le alleanze in politica non devono certamente essere un tabù. Però si fanno sui contenuti, non sulle simpatie o antipatie. Si fanno per qualcosa, non contro qualcuno. E si fanno se c’è una legge elettorale che lo consente o lo suggerisce, non per accontentare qualche nostalgico cantore di un passato che non è mai esistito se non nelle ricostruzioni edulcorate del giorno dopo”. Duro affondo di Matteo Renzi nel suo libro ‘Avanti’, in alcune anticipazioni pubblicate da diversi quotidiani. “Quando la sinistra italiana vede che qualcosa inizia a funzionare subito scatta il meccanismo dell’autodistruzione, una vocazione suicida che è incomprensibile ai più ma che assume le forme di un logoramento costante della leadership e di una polemica quotidiana su tutto”, accusa il segretario dem, “fuoco amico è anche quello di chi un tempo – quando vinceva i congressi – teorizzava la necessità di sentirsi tutti parte della stessa ditta. E, quando invece i congressi ha iniziato a perderli, non ha mai smesso un solo giorno di contestare e criticare il nuovo gruppo dirigente”. Renzi attacca senza mezzi termini i transfughi del Pd, che “non decidono di andarsene dopo il Jobs act, dopo la Buona scuola, dopo le unioni civili, dopo la legge elettorale. Non se ne vanno nemmeno dopo la sconfitta referendaria: nella notte tra il 4 e 5 dicembre sono troppo impegnati a brindare per andarsene. Immortalati dalle telecamere mentre levano i calici al cielo, non per la conferma della funzione istituzionale del Cnel ma per le dimissioni da presidente del Consiglio del segretario del loro stesso partito. Un brindisi che la nostra gente non perdonerà mai”.
Renzi: Pisapia e D’Alema? In nome dell’unità si pratica la scissione
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