Le ecomafie mettono sotto attacco l’ambiente italiano. Il bilancio del nuovo rapporto di Legambiente ‘Ecomafia 2021’ è “preoccupante”: il nostro Paese è in ‘codice rosso’, con giro d’affari illegali che vale 10,4 miliardi e viaggia al ritmo di quattro eco-reati all’ora.
Nel 2020 – viene spiegato dal documento che quest’anno è dedicato ai ‘Global witness’, il numero di vittime, arrivato a 227, che nel mondo si sono spese in difesa della natura – nonostante la flessione dei controlli effettuati passati da 1.694.093 del 2019 a 1.415.907 del 2020 (scesi del 17%), i reati ambientali toccano quota 34.867 (in aumento dello 0,6% rispetto al 2019), 95 al giorno e 4 in media ogni ora. Si incrementa l’impatto nelle regioni a tradizionale presenza mafiosa (46,6% del totale) e aumentano sia le persone denunciate arrivando a 33.620 (a più 12%) che gli arresti toccando quota 329 (a più 14,2%), e anche i sequestri (in tutto 11.427, a più 25,4%). Resta alta l’incidenza dei reati ambientali accertati nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa: cioè in Sicilia, Campania, Puglia e Calabria, si arriva a 16.262, il 46,6% del totale nazionale, con 134 arresti (nel 2019 erano stati 86). Nella classifica regionale, Campania, Sicilia, Puglia sono le regioni più colpite da illeciti ambientali. Al quarto posto quest’anno sale il Lazio con 3.082 reati, con un incremento del 14,5% sul 2019, superando così la Calabria. La Lombardia resta la regione con il maggior numeri di arresti. I Comuni commissariati per ecomafia fino a oggi sono 32, e di questi 11 sono stati sciolti nei primi nove mesi del 2021. Tra le diverse fattispecie di reato, sono 4.233 quelli legati agli incendi boschivi (a più 8,1%), e oltre 8mila quelli contro gli animali.
Di fronte a questi numeri, diventa allora “fondamentale un deciso cambio di passo – dice Legambiente – che porti a completare il sistema normativo inserendo i delitti ambientali e di incendio boschivo tra i reati per cui è possibile prorogare i termini di improcedibilità previsti dalla riforma della giustizia“. E’ questa la linea che già ai tempi della riforma aveva tenuto la deputata di FacciamoECO, e vicepresidente della commissione Ambiente alla Camera, Rossella Muroni che rilancia – “nella lotta agli eco-criminali non c’è spazio per l’improcedibilità” – chiedendo al governo “un correttivo” per includerli “tra i reati particolarmente gravi e complessi”, oltre che “calendarizzare la proposta di legge (da lei presentata) per introdurre nel codice penale nuovi delitti” contro la natura.
Il rapporto – costruito prendendo in considerazione e analizzando i risultati dell’intensa attività svolta da forze dell’ordine, Capitanerie di porto, magistratura, insieme al lavoro del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente e Agenzia delle dogane – si concentra anche su un allarme specifico che riguarda gli “investimenti a rischio”: una fetta da “11,2 miliardi di euro (più 2,6% sul 2019)”. Per Legambiente bisogna “scongiurare il rischio di infiltrazioni delle ecomafie nei cantieri delle opere del Pnrr”. L’associazione avanza 10 proposte per una stretta contro gli eco-reati. Tra queste quella di “ripristinare la corretta attuazione da parte delle prefetture” sul “potere sostitutivo in tutti i casi di mancata esecuzione da parte dei Comuni delle ordinanze di demolizione di immobili abusivi”, che secondo i dati sono ferme: dal 2004 al 2021 57.250 ordinanze di demolizione ma ne sono state eseguite solo il 32,9%. Intanto parte anche la raccolta fondi per sostenere Legambiente e gli avvocati dei Centri di azione giuridica affinché ci sia “giustizia nei processi penali e nei ricorsi amministrativi”.