Al via i “carotaggi” sugli organi di Imane Fadil, la teste chiave dei processi del Rubygate morta in circostanze misteriose lo scorso 1° marzo alla clinica Humanitas di Rozzano, alle porte di Milano. Dopo i prelievi sui tessuti avrà luogo l’autopsia. Nell’istituto di medicina legale di piazzale Gorini sono arrivati anche il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e il pm Luca Gaglio per fare il punto su come procedere agli accertamenti insieme al pool dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo.
Nel corpo della giovane c’erano tracce di metalli pesanti “anche cento volte” più alte del normale. “Dagli esami sui liquidi biologici effettuati sono stati trovati livelli superiori rispetto alla norma di antimonio e cadmio”, ha spiegato lunedì il procuratore di Milano Francesco Greco. Sono anche state trovate tracce di molibdeno, cobalto e cromo sia nelle urine che nel sangue della ragazza. Prima di pronunciarsi definitivamente sulla vicenda, però, il procuratore ha detto di voler aspettare “l’esito degli esami autoptici”.
Per i pm milanesi, al momento, l’ipotesi dell’avvelenamento e quella della morte naturale hanno pari dignità. Da quanto si è saputo, la modella 34enne è stata ricoverata il 29 gennaio con i sintomi di una malattia autoimmune, che inizialmente è stata ritenuta Lupus. Con il passare dei giorni, però, questa diagnosi è stata scartata perché la paziente presentava sintomi di diverse patologie che hanno portato alla progressiva degenerazione sia del midollo osseo che di tutti gli organi interni. Per gli inquirenti si è trattato del “cosiddetto multi organ failure”, ossia del collasso progressivo degli organi interni, e proprio per questo è particolarmente complesso individuare le cause della morte della giovane.