“I missili piovevano su Aleppo e noi siamo riusciti a ricostruire 254 case, ma avevamo oltre 700 richieste. Ci siamo rimboccati le maniche e fino a oggi abbiamo ricostruito 1200 abitazioni”. Quando il 22 dicembre del 2016 è arrivato il cessate il fuoco, padre Ibrahim Alsabagh, parroco di Aleppo e vicario del vescovo, non riusciva a crederci: quell’anno i cristiani hanno festeggiato il Natale senza le bombe. Ma la città non era più la stessa. Case e ospedali, scuole, chiese e moschee: quasi tutto raso al suolo. “Abbiamo anche capito subito la profondità della devastazione”.
La città era devastata per il 60-70%: “l’elettricità non tornava, l’acqua potabile faticava a passare dai rubinetti”. Oggi, dice nella sede romana della delegazione dei Custodi di Terra Santa, di Aleppo si parla poco perché le bombe non cadono più, ma il lavoro di ricostruzione da fare è enorme. “La gente soffre la fame – denuncia il parroco -. Senza i pacchi alimentari della Chiesa molti finirebbero morti di fame. Il governo dice di non farcela perché ci sono ancora l’Isis e le forze armate, non pensa alla ricostruzione”.
Chiedere la rimozione di Assad sarebbe deleterio: “Per noi resta la scelta migliore per la Siria, tutti i patriarchi lo hanno detto. Non per amore di una persona o per prendere parti politiche, ma perché è l’espressione di una dittatura moderata che può difendere le minoranze. Tolto Assad, alla Siria restano solo l’Isis e il fondamentalismo. È un presidente, non è un mostro, ogni governo avrà sempre i suoi sbagli”. Quest’anno i francescani festeggiano 800 anni di presenza in Medio Oriente: quasi un millennio “tinto di sangue”, afferma padre Ibrahim contando circa 2000 martiri, giustiziati in odio alla fede, e oltre due terzi dei cristiani fuggiti dalla regione. Però, tra guerre e persecuzioni, riescono ancora a fare tantissimo: “Con progetti microeconomia abbiamo sostenuto 400 persone, tantissima gente è diventata indipendente dagli aiuti umanitari”. Riparare le case non basta: “bisogna ricostruire la persona umana”. E’ per questo che sono interventi nelle scuole per assistere i più deboli: “Abbiamo recuperato anche quelli considerati irrecuperabili, la parte più debole della società, i bambini con ferite corporali e spirituali profonde”.
Fondamentalismo, corruzione, embargo sono le nuove sfide da affrontare. Dopo l’ultimo scambio di missili con Israele nel Sud della Siria la preoccupazione è aumentata: “Siamo molto preoccupati anche da parte della minoranza cristiana. È il segnale che una nuova guerra potrà scatenarsi da un momento all’altro”. L’embargo, in particolare, verrà pagato dal popolo, “già povero e devastato”: “Tantissime associazioni hanno avuto difficoltà enormi per far passare i soldi a favore dei più poveri. La Caritas siriana è rimasta bloccata per mesi”. “La volontà di pace non c’è e chiedo ai leader che si manifesti in modo molto chiaro”. Padre Ibrahim ha incontrato Papa Francesco questa settimana, all’udienza generale, e gli ha consegnato il suo secondo libro, ‘Viene il mattino’ (edizioni Terra Santa), in cui racconta la fase di ricostruzione di Aleppo. Bergoglio ha letto suo libro precedente, ‘Un istante prima dell’alba’ in cui raccontava la vita sotto assedio, durante gli esercizi spirituali dello scorso anno. In Siria il Pontefice è stato invitato diverse volte, in modo formale e informale, “abbiamo letto che sarebbe pronto ad andarci una volta che migliorano le cose – afferma-. Non è facile, anche la sicurezza non è stabile. Non gliel’ho richiesto direttamente, anch’io vedo la situazione”. Per il momento ai cristiani bastano “la sua benedizione, la sua preghiera e le sue parole, con i continui appelli per Siria e il Medio Oriente”.