Si tratta di una atto “di una ferocia inaudita” verso le vittime e per questo i due ventenni, di origine bosniaca, accusati dello stupro di due 14enni a Roma devono rimanere in carcere. Lo dice il gip Costantino De Robbio nell’ordinanza cautelare che ha portato ieri all’arresto dei due ragazzi, accusati di aver sequestrato e violentato, il 10 maggio scorso, due ragazzine di 14 anni in un boschetto del quartiere romano del Collatino. Con molta probabilità lunedì si terrà l’interrogatorio di garanzia al Regina Coeli.
Stando a quanto ricostruito dai carabinieri di Tor Sapienza e dalla procura, le due 14enni, nel maggio scorso, sono state violentate da Alessio Seferovic, detto ‘Il Sinto’, e da un amico, entrambi conosciuti in chat. Prima conversazioni scritte, poi telefoniche, infine l’incontro e poi l’incubo. Alessio, secondo il quadro accusatorio, ha bloccato le due giovani, le ha spinte in un campo abbandonato. L’amico 20enne, che in tasca nascondeva le manette, le ha legate. Lui, secondo gli inquirenti, non ha partecipato allo stupro ma ha fatto da ‘palo’.
Dopo lo stupro, commesso materialmente da Seferovic, le due amiche sono state minacciate di morte e per questo non avrebbero dovuto raccontare nulla. E per questo non hanno neanche fatto ricorso alle cure mediche. Ma dopo alcuni mesi una delle due minorenni ha raccontato tutto ai genitori e di lì è partita l’inchiesta. Le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Maria Monteleone sono risalite anche alla premeditazione con cui i due aguzzini hanno agito.