Il governo Conte ha davanti una strada sempre più in salita. L’operazione dei costruttori si è rivelata più difficile del previsto nonostante giorni di lavoro che hanno visto i pontieri di Pd e M5s spendersi senza sosta. A palazzo Chigi oggi si è affacciato, per vedere Luigi di Maio e non il premier, il leader di Centro Democratico Bruno Tabacci, capitano dei responsabili alla Camera, 13 con le new entry di Renata Polverini e Carmelo Lo Monte, ma un potenziale che può arrivare fino a 20. “La possibilità di rafforzare la maggioranza c’è, ma passa attraverso un governo nuovo, non credo basti un piccolo rimpasto”, dice parlando con i cronisti in piazza Colonna.
Un messaggio chiaro per il premier, che finora ha fatto tutto il possibile per evitare il passaggio delle dimissioni. “Ritengo che il presidente Conte sia l’unico punto di equilibrio di questa coalizione”, assicura Tabacci che vede come unica alternativa le elezioni. Anche se sembra più uno spauracchio che la vera opzione, come si suol dire, il ‘piano B’. Conte Ter è dunque la soluzione per l’ex Udc, guardando all’area dei liberal-democratici, di Forza Italia e a chi in Iv abbia “posizioni più ragionevoli” di quelle di Renzi, per lavorare a un progetto politico che abbia come riferimento lo stesso premier.
Il tempo però è poco, perché il presidente della Repubblica Sergio Mattarella attende entro lunedì una risposta chiara sulla possibilità di andare avanti o meno. E quindi o c’è la certezza di una maggioranza stabile – che al momento, senza l’apertura formale della crisi, sembra non esserci – oppure potrebbero arrivare comunque le dimissioni, con un eventuale mandato esplorativo per verificare la possibilità di un terzo governo guidato dall’avvocato del Popolo.
Anche senza l’attesa del Colle in ogni caso il redde rationem è dietro l’angolo. Mercoledì, con la relazione del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, ci sarà “una prova del fuoco, e si vedranno quali sono le intenzioni reali”, osserva Tabacci. E se su quella partita Italia Viva non intende offrire assist al governo, anche i ‘costruttori’ mostrano qualche cedimento. “Devo leggere la risoluzione prima di prendere decisioni”, dice a LaPresse la senatrice del gruppo Misto Sandra Lonardo, che martedì ha votato la fiducia al governo. Servirebbe una norma sulla velocizzazione dei processi, suggerisce chiedendo come garante “direttamente il Presidente del Consiglio”. E nemmeno il socialista Riccardo Nencini è orientato per il sì senza una svolta nel documento del Guardasigilli, peraltro sollecitata agli uffici del gabinetto di Largo Arenula.
Dal canto suo, il premier rimane blindato a palazzo Chigi. Niente caffé né passeggiate nel centro di Roma, che parlare meno è meglio, in queste ore di trattative. Ma non significa certo stare con le mani in mano: come promesso avvia il confronto sul Recovery plan, con una fitta agenda di incontri partiti oggi con i sindacati e che vedranno ancora lunedì e martedì Confindustria, Abi, altre realtà del mondo sociale e produttivo. E poi riempie le caselle dei Servizi: dopo la nomina a sottosegretario all’Intelligence dell’ambasciatore Piero Benassi, suo consigliere diplomatico il premier nomina come vicedirettori dell’Aise il suo consigliere militare, l’ammiraglio Carlo Massagli e il generale della Gdf Luigi Della Volpe, mentre all’Aisi va il generale dei carabinieri Carlo De Donno. Suoi uomini di fiducia, in due casi due suoi consiglieri a palazzo Chigi, certo, ma resta il segnale distensivo di risolvere la questione come promesso in Parlamento: apprezza il Pd, certo, ma soprattutto i renziani che sulla delega ai Servizi avevano martellato senza sosta. Eppure con Italia Viva i rapporti sono delicatissimi: palazzo Chigi – e alleati – registra l’apertura dei parlamentari che in un documento ribadiscono la necessità di “una soluzione politica che abbia il respiro della legislatura e offra una visione dell’Italia per i prossimi anni”. Ma del senatore fiorentino il premier Giuseppe Conte non vuole sentir parlare: “è inaffidabile, quel capitolo è chiuso”, va ripetendo da giorni. E con lui c’è una parte, non certo la maggioranza in verità, delle truppe M5s: Renzi è fuori, diverso è il discorso per i parlamentari di Italia Viva, dice il capogruppo pentastellato alla Camera Davide Crippa. I tentativi di spaccare il fronte però finora non ha dato frutti: e nel documento deputati e senatori “confermano che si muoveranno tutti insieme in modo compatto e coerente in un confronto privo di veti e pregiudizi, da effettuarsi sui contenuti nelle sedi preposte”.